martedì 29 dicembre 2009

La decisione dei classici

Un tono tranquillo, ma deciso, uno scorrere sicuro di punti e canali o organi/visceri da trattare. Questo è quello che emerge dai testi classici, come il Ling shu o il So Wen. Testi antichi, trovati durante alcuni scavi archeologici di siti che risalgono al 3 mila avanti Cristo e che sono stati rielaborati nelle varie epoche. Ma nonostante ogni elaborazione abbia tenuto conto del backround culturale dell'epoca (i taoisti erano maggiormente creativi e davano spazio all'operatore come individuo, i confuciani erano pragmatici e guardavano alla funzionalità specifica del punto sancita dalle cliniche) c'è sempre quella decisione che emerge.
Quella volontà di prendersi cura di e quindi di assumersi la responsabilità, anche, di un possibile errore. Che è umano. E che è ormai cosa piuttosto lontana dalla medicina attuale, occidentale e con ogni probabilità anche orientale. Almeno in Italia dove tutto diviene rischio di "abuso di professionalità". Per cui uno shiatsuka non è nulla, non è un massaggiatore, nè un medico cinese, non fa trattamenti, ma nemmeno massaggi e non si prende cura di. E' terra di nessuno, davvero poco conosciuta.
Trovo sia assurdo e non tanto dal punto di vista degli operatori o delle norme, ma del paziente. Del ricevente o di come lo si voglia chiamare. La persona vive uno stato di sofferenza, per quanto esso possa essere lieve. Si tratta comunque di un disagio del quale l'operatore si fa carico per aiutarlo. Senza la pretesa di guarire o trovare soluzioni, ma con la ferma volontà di intraprendere un comune percorso di consapevolezza e autoguarigione.
Ma è una persona che soffre e della quale io mi faccio carico. E quindi curo, come ho curato i miei figli quando erano piccoli e come faccio tutt'ora quando stanno male.
Con certezza io scelgo il tipo di terapia utile, ma senza la pretesa di avere la soluzione tra i miei pollici. Mi assumo la responsabilità della mia scelta, che per quanto fatta in buona fede, può essere errata. Mi assumo la responsabilità di farmi carico di un'altra persona.
Senza paura, ma con la stessa decisione dei classici. Diversamente, non avrei imparato proprio nulla dalla loro lezione, nè dalle loro parole di Maestri che sono capaci di essere "cavi e vuoti", come un Maestro deve essere e come, oggi, è raro incontrare.

venerdì 25 dicembre 2009

Solo per te

Tasti bianchi e neri
nello sbocciare
di dita che sembrano
petali di fiori

Perchè soffrire
d'un cielo che terso
s'illumina d'azzurro?

Il silenzio è
talvolta una scelta
non sempre
si fa necessità
per scomposte forme
che non comprendono

Mentre le ferite
dell'anima muta
rimangono sempre aperte
anche se poi
le dimentichiamo

Immergi la tua mano
e tocca il mio spirito
che canta luce e colori

Non allontanare mai
quello che non puoi
capire senza ascolto

E nell'andare via
lascia scivolare
una carezza
lieve sulla mia pelle
che mi parli di te

Speech

Le parole del Cuore
sono suoni disarticolati
emozioni, sentimenti
ricordi e battiti
tutto leggero e caotico
come fossero ali
che leggere nel vento
si lasciano andare
Nessun ordine
è richiesto veramente
al sovrano e Imperatore
che ritma la vita
e dolce si anima
sciogliendo catene
Chiudi gli occhi piano
e solo ascolta
il respiro della pelle
che nuda si bagna
di solfeggiati suoni
e ribellioni crudeli
al sorgere del sole
Perchè è solo lui
il buio che regna i sogni
spiando nell'ombra
quelle movenze d'acqua

giovedì 24 dicembre 2009

Fuga

Ghirigori del tempo
danzano urlando
come irlandesi pazzi
d'amore per la Luna

Una luce soffusa
vagheggia albe
che si perdono
nelle ferite inferte
di inutili battaglie

Scroscia l'acqua
di fiumi in piena
cristalli liquidi
zampillano tra sassi

Nell'andare e venire
di spiriti confusi
che tornano di notte
per incubi solitari

Maglie d'acciaio
per tempeste di spade
scintillano armature
sulle colline silenziose

Corpi lasciati andare
caduti nell'impatto
di note armoniche
che sempre si fanno
uno splendido rifugio

venerdì 18 dicembre 2009

I nove Palazzi

Nove sono i palazzi della nostra vita e li abitiamo, qualcuno di più qualcuno di meno, qualcuno con dolore e conflitto, altri con estrema soddisfazione. Ma tutti, sono quello che siamo fino alla saggezza, quella sovranità della propria vita che solo la consapevolezza dà.
La tradizione taoista chiama i nove Palazzi, nove argomenti che possono più o meno interessarci, ma che comunque ci riguardano da vicino. Salute, ricchezza, generosità, relazioni con gli altri, creatività, viaggi, vocazione, conoscenza (casa), saggezza. Nove, come i punti dei canali energetici del Cuore, l'Imperatore e del suo Ministro, il Pericardio. Possono essere suscettibili di molte interpretazioni, a me piace vederli in due modi. Quello del tema che è più o meno importante nella nostra vita e che abbiamo vissuto in modo più o meno conflittuale e quello del percorso verso una consapevolezza che è saggezza, perchè è conoscenza profonda, un capire le cose in modo interiore che ci fa essere padroni della nostra vita.
Non lo siamo mai, crediamo di esserlo, ma anche le più piccole decisioni che prendiamo sono sempre influenzate dal ruolo che viviamo in quel momento, sociale, familiare. Sono influenzate dalla cultura che ci portiamo addosso come un abito mentale e dalle nostre credenze. Da quello che pensiamo che il mondo, in senso lato, si aspetta da noi.
Essere sovrani della propria vita vuol dire scegliere e decidere ciò che è meglio per me indipendentemente da tutto e tutti.
La Salute è il primo palazzo e può anche non riguardarci, possiamo non aver mai avuto problemi di salute o contrariamente averne vissuti. Possiamo essere dei terapisti e quindi avere comunque a che fare con la salute. La Ricchezza è intesa come abbondanza, nel senso che io posso sentirmi soddisfatto di quello che ho, quindi non è in un'accezione esclusivamente materiale. E se sono soddisfatto con quello che ho lo condivido con altri e qui arriva la Generosità. Non si scrive per se stessi, nè si dipinge per questo, ci vuole un pubblico. Lo si fa per il pubblico. Ed è così che entrano in gioco le relazioni con gli altri, il nostro andare nel mondo per conoscere anche attraverso le altre persone e anche qui potremmo avere un'esperienza di tipo conflittuale o soddisfacente.
Anche la creatività è intesa in senso lato, si può creare anche un figlio. Si può essere più o meno creativi e la creatività può avere una parte importante nella nostra vita oppure no. E quindi anche il viaggio, ovvero l'andare verso l'ignoto, l'investigare, il ricercare, l'allontanarci da ciò che è noto per scoprire noi stessi e il mondo.
La vocazione è già un punto di arrivo e non è necessariamente unica. Possiamo sentire che siamo ciò che abbiamo voluto essere, perchè lo abbiamo desiderato fin dalla nostra infanzia, oppure possiamo sentire di poter essere molte cose e quindi cambiare. La nostra vocazione non è solo abilità, siamo noi stessi. E quindi la conoscenza, ovvero casa nostra, perchè come ben dice Giulia Boschi "la conoscenza muta l'oggetto conosciuto". Noi conosciamo qualcosa e lo cambiamo perchè il conoscere implica l'elaborare e quindi è comunque un processo soggettivo, dove mettiamo anche parte di noi stessi. La nostra casa, ovvero quando arriviamo a sapere chi siamo davvero (sia esso un chi vogliamo essere o no).
Infine la saggezza, cioè quel livello di conoscenza interiore e profondo che è la consapevolezza. Questa ci rende davvero sovrani, perchè quando siamo consapevoli di noi e del mondo, possiamo far ritorno al nostro essere originario, a ciò che eravamo. Scoprire le sottili connessioni tra noi e tra noi e il mondo. E diventare pura risonanza.

venerdì 11 dicembre 2009

Cartoline da Cuba

L'acqua è uno specchio
di immobili luci
e ombre rossastre
che dilatano attese
nel tempo che si fa lungo

Come parole crociate
lui e lei seduti vicini
guardano il mare
E nell'esplosione colorata
si nascondono silenziosi
gli attimi di ciò che manca

Nello sguardo perso
dove affiora la noia
del sudore sulla pelle
c'è una casa a metà
dove urlano voci
di storie non vissute
abbandonate a volte
tra i panni stesi e il caos
che accende le vite di idee

Chi seduto guarda
chi legge
chi cammina svelto
e chi arriva lento
sulla carreggiata
di un'esistenza disconnessa
Tra i balconi
le strade esplodono
e di nuovo il mare

Pensa il ragazzo che è solo
seduto di fronte alle onde
intento in un grande progetto
o in strani istanti un po' bui
C'è anche lei
dall'aria triste e un po'
vaga di sguardi altrui
vicino a un bambino
il cui unico deisderio
sarebbe quello di giocare

Mentre la tempesta
sorprende tutti
le auto in fuga leggera
e il vento che soffia
spruzzando spume bianche

Questa è l'Avana

giovedì 3 dicembre 2009

Intolleranza e razzismo



Ultimamente ho sentito parlare di razzismo e di intolleranza. A mio giudizio sono due facce della stessa medaglia, ma purtroppo sono anche parole abusate e, come tutte le parole abusate, se n’è perso il reale significato.
Intollerante è colui che non tollera un’opinione, un credo, un pensiero, un’idea. Razzista è invece chi non tollera una razza diversa dalla propria. Ma alla fine, se andiamo alle radici reali, alle motivazioni degli atteggiamenti intolleranti o razzisti, entrambi, l’intollerante e il razzista, non sopportano ciò che è diverso da loro, nella fattispecie, ciò che non conoscono. Intolleranza e razzismo si fondano perciò su un pregiudizio, cioè un giudizio dato a priori, prima della conoscenza. Prima del sapere.
Non conosco chi ho davanti e questo mi spaventa in un certo senso e attiva il mio istinto primordiale alla sopravvivenza con un netto rifiuto. A volte con un conflitto e quindi con lo scatenarsi di una violenza verso chi è di una razza diversa dalla mia. Ma lo stesso vale per chi non tollera idee e opionioni altrui.
Quello che soprende però è trovare, nel quasi 2010, persone che ancora si basano sui pregiudizi, che ancora non tollerano o sono razziste. In una società che è fin troppo mentalizzata non siamo stati capaci di elevarci culturalmente tanto da comprendere le “radici dell’odio”, le radici dell’intolleranza e del razzismo. Il fatto che magari, se aprissi un po’ di più la mia mente e avvicinassi razze diverse, che poi vogliono dire culture diverse, o idee diverse, se imparassi a comprenderle, non proverei quella paura e quindi il conseguente odio. Questo non vuol dire che mi uniformerei o farei mia quell’idea o opionione diversa, nè che mi innamorerei di un’altra razza.
Però cercherei prima di tutto di capire.
Onde evitare la paura e anche l’odio, quello stesso odio utilizzato da Hitler (e non solo da lui) per dirigere l’aggressività di un popolo contro un altro popolo, vittima di un pregiudizio. Non solo ebrei, ma anche polacchi, zingari, gay e neri sono stati sterminati dal nazi-fascismo. La diversità è quiella che si voleva sterminare, perchè non la si comprendeva e perchè era un utile strumento per dirigere l’aggressività e il malcontento di chi viveva un momento economico piuttosto difficile. Capire quello che sia successo, non vuole certo dire giustificare.
Ma applicare la comprensione anche ad altri fenomeni, che magari ci riguardano più da vicino in senso cronologico, vuol dire invece evitare il ripeteresi di errori crudeli che fanno ormai parte della storia, ma che non vanno dimenticati, pena la costrizione a riviverli.
La diversità è ricchezza e lo è davvero, apre la mente e mi fa capire che qualsiasi cosa è davvero relativa, che il mio stile di vita è uno dei tanti, come il colore della mia pelle o le mie abitudini e preferenze sessuali. Questo non vuol dire che sia il migliore. E’ il migliore per me, ma non per il resto del mondo che vive indipendentemente da me e dai miei gusti o dalle mie credenze.
Ma quello che più mi disarma è quando leggo o vedo quell’intolleranza o quel razzismo in personaggi che si dicono portatori di valori che sono lontani anni luce da ogni possibile pregiudizio.
Del resto, spesso anche i popoli dimostrano (e si legga il conflitto medio-orientale) di aver dimenticato l’odio che hanno subito. E questo mi fa pensare che ce n’è ancora tanta di strada da fare prima che l’uomo diventi un vero Essere Umano.

martedì 1 dicembre 2009

E guardo

Ascolto
leggo
rimango
un po' attonita
e penso

Tu e io
Uomo e Donna
Tarzan e Jane

E sempre
stereotipi
immagini false
falsificazioni solenni
giochi di società

Echi di anime
che si perdono
si allontanano
si confondono

Canzoni
e urli soffocati
tristi solitudini
che vagano
si aggrappano
non possono
essere diverse
essere se stesse

Fuori invece
c'è un raggio di sole
che scalda
quell'essere sempre noi
imperfetti
ma noi

Così distanti
così persi
così presi
...così vivi

martedì 24 novembre 2009

Sentire e non pensare

Sentire e non pensare. A Roberto piace e Laura la trova una difficile via. Hanno ragione. E’ bello sentire, perchè percepisci ogni minima differenza, il freddo, il caldo, le vibrazioni. Un punto parla e quando io lo premo risponde al mio stimolo in modo chiaro, mi dice cosa devo fare, quale sarà il passo successivo. Sentire ti porta empatia ed è bellissimo entrare negli occhi delle persone, saperli leggere e guardarle. Perchè il corpo parla e parla chiaro e forte. Si muove, con una precisa direzione, con una consapevolezza che la mente spesso rifugge.
Ma dice bene Laura, è così difficile...perchè bisogna ascoltare il ritmo del cuore per sentire, vivere al suo battito e non a quello che abbiamo creato e che divora noi stessi nella fretta. Rallentare insomma. Solo così, riesci a vedere davvero ciò che ti circonda, a percepire, a sentire che la pelle di chi ti sta di fronte respira, che la sua voce cambia, che i suoi occhi parlano. Senza bisogno di parole. Sentire è anche agire, senza mentalizzare troppo. Senza aspettative. Essere e basta.
Ma quello che ci circonda ci riporta spesso a ritmi veloci, ci impone una corsa che ci allontana e che ci inscatola in ruoli, in aspettative e risposte che vanno bene solo per il mondo che abbiamo creato credendolo migliore di altri, credendolo quasi perfetto. E tutto diventa corsa all’avere, al fare per avere, al mentalizzare per spiegare e dare un senso a quel fare. Perchè in realtà non ne ha, di senso.
Quello che ci preme davvero è sentire il sole sulla pelle che si scalda, stringere una mano, stringere in un abbraccio, sentirci uniti da un comune cammino. Come fratelli, amici, figli, genitori, insegnanti, allievi, amanti, sposi. Alla fine come Uomini.
Difficile perchè spesso le persone scappano dalla consapevolezza, preferiscono confodersi di gesti, allontanarsi dal silenzio che li farebbe pensare veramente, che li farebbe sentire. Provare emozioni e quindi sentimenti, gioire e anche soffrire. Le persone negano quello che hanno appena detto, lo negano anche con il corpo. Basta entrare in una metropolitana e guardarsi intorno per capirlo. Una donna ti guarda in un certo modo, che non necessariamente deve essere inteso come un’avance, ma se tu fai per avvicinarti lei si allontanerà con tutto il suo corpo.
E quindi diventa difficile sentire, perchè se da una parte si è liberi di vivere, dall’altra si diventa una “voce fuori dal coro”. Richiede fatica anche, abbattere ogni più piccolo muretto che incontri sul cammino.
Ma io ho scelto la pressione perpendicolare e costante, lo Shiatsu che dà consapevolezza di sè stessi e del mondo, consapevolezza che dentro noi ci sono tutte le risorse, per guarire, per stare bene, per vivere. Quindi, tirerò un bel sospiro sulla stanchezza, dormirò un po’ e proseguirò per la mia strada

Fantasmi

Appuntiti cristalli
vagano urlando
lasciano vortici
nell'aria fredda
E parole dette
come rocce
che si ergono
a picco sul mare
I suoni
hanno un preciso
significato
e non possono
essere scambiati
come neonati
adagiati in culla
Ieri, oggi e domani
confusi dai ritorni
che diventano
spirali di ghiaccio
trasparente
ma scivoloso

lunedì 16 novembre 2009

Quel pennino che si tuffa nella china



Mi piace il rumore del pennino che passa sul foglio e indugia, a momenti, in alcuni tratti. Mi piace disporre tutto sulla scrivania, il foglio dove ho tracciato segni veloci e lievi con una matita morbida, i pennini e le boccette di china, tra le quali scegliere i colori più adatti.
Le poesie visive sono così, sono parole che si liberano nel vento e viaggiano per raggiungere luoghi lontani, a volte assolati, a volte reconditi. I versi ci sono già tutti, me li porto dentro e quando vedo quel foglio steso...li libero e li lascio andare. Il pennino cambia colore, si intinge nell'inchiostro di china che è così trasparente, pieno di luce.
A volte aggiungo l'uso di un pennello, piccolo, uno da trucco, davvero piccolo, per chiazze di colore e toni che aggiungono particolari.
Una volta ho esposto le mie poesie visive ad una mostra e tutti mi chiedevano da che parte dovevano iniziare a leggere. Non esiste una parte, ognuno ne fa quello che vuole, sono disegni di parole, dove il tratto lascia spazio alla china ed è l'immagine nel suo insieme l'intero messaggio. E ognuno ne può fare ciò che vuole, guardarle, fotografarle, riprenderle, conservarle. Ne ho pubblicate un paio con "Pulcinoelefante", impreziosite dalle copertine di Merlinus Vago, dai suoi ori e dai suoi argenti.
Sono parole libere e tali devono restare.
E' il rumore del pennino che passa e ripassa sul foglio di carta, che mi rilassa, rallenta il respiro. Lento il pennino parla e si trasforma in disegno. Sottofondo musicale e luce esterna che illumina solo l'immagine, questo è uno dei miei momenti. Quando la china illumina il bianco e libera le parole. Quando il pennino strascica e cambia boccetta, si tuffa, riemerge e poi parte e si fa parole.
Libere come il mio pensiero

mercoledì 11 novembre 2009

Come due adolescenti (in risposta ad un amico)



L’odore della crema per le mani, quella che ti metti per fare ancora più morbido un tocco che non ne ha bisogno. Per fare ancora più belle quelle mani che potrebbero trattare.
Ti guardo dormire spiando tra i tuoi sogni. Sabbia bianca e fine e il caldo, il mare dove mi tuffo mentre ti lascio a riva ad aspettare. Aspetti un po’ impaziente con una mezza voglia di tuffarti per continuare il gioco d’amore. Nell’acqua il tuo tocco è sempre uguale e io mi perdo nei movimenti delle tue mani mentre tu affondi nel mio perdermi. I tuoi e i miei sogni, una macchina bianca senza tettuccio che corre con un senso di libertà, lo stesso che ci avvolge e che non è capace di inglobare il mondo. E un bungalow di legno nel quale vivere, scaldati non tanto dal sole ma da noi stessi. Noi, sempre noi e se i secondi ci scoprono in un io-tu, arriva pronta la battuta e di nuovo gli occhi si tuffano in altri occhi, le vite si mescolano, come i desideri. Compagni, di nome e di fatto, l’uno per l’altra, sempre. Compagni nel mondo per il nostro libero pensare, per il nostro viverci cercando di colorarlo e tra di noi, per il nostro voler rendere il mondo un posto comodo. Comodo per noi che abbiamo dato e ora chiudiamo gli occhi, cercando di riposare. Io in te e tu in me.
Fin da quel primo disco che “saltava” e che ci ha ammorbidito i sorrisi, aprendoli ad una diversa disposizione verso il mondo. Io l’ho girato il mondo, anche due volte, mentre tu cercavi di tenere chiusa a chiave quella porta. E quando io mi sono fermata e tu giravi la chiave nella toppa, la fusione è stata immediata. In un crescendo, sole e luna, notte e giorno, Yin e Yang. Come le onde del mare che prendono forza una dall’altra, come un Tai Chi dove nero e bianco sono complementari e uno non può esistere senza l’altro.
Tempo e spazio non esistono, ovunque è solo una bolla che ci contiene, tra centinaia di altri sguardi.
Due adolescenti? Forse, ma con le spalle grandi e pesanti, di chi è un po’ stanco e non ha voglia, proprio non ha voglia, di fermarsi troppo a pensare, a definire. Quello che conta alla fine è il benessere e quell’attrazione che incalza, ogni giorno di più, ogni attimo di più. Come due calamite incapaci di stare lontane, si attraggono, si appiccicano. Si cercano. Senza voler a tutti i costi spiegare perchè, senza rispondere a canoni e luoghi comuni, senza essere efficienti e con la risposta pronta. Noi, bellissimi e imperfetti. Con tutta l’energia che l’amore è capace di dare per mantenere quel noi e non farlo diventare un io con te. Noi nella completa e reale condivisione di tutto ciò che possiamo. Sì, due adolescenti, perchè no? Se gli occhi ci brillano di una luce che illumina anche di giorno, se ci basta tuffarci nell’altro e respirarlo per sentirsi vivi.
Così noi, con un sorriso vero e gli occhi più chiari, con una voglia di rinascere ogni volta, con la voglia di far felice l’altro che è noi. Con tutti i colori, con una sintonia che ci esclude dal resto, capace di fermare il tempo o di farlo scorrere velocissimo. Capace di piegare lo spazio e trovare soluzioni a ogni desiderio, concretezza ad ogni parola detta o sussurrata.
Folli? Forse, perchè della follia abbiamo preso l’azzeramento del tempo e dello spazio. Un sogno? Può essere, ma un sogno dal quale non svegliarsi mai.
Noi, per sempre, vivi.

martedì 10 novembre 2009

Le distanze

Stringo ricordi
tra le mani
come una rete
per catturare
predatori del tempo
Mi improvviso
provetto pescatore
di momenti
per non sentire
non dimenticare
Rivivo attimi anche
e tiro a me il filo
per non perdere
ciò che pare lontano
così improbabile
quasi irreale
Mi lascio avvolgere
da una luce piatta
e paziente aspetto
che ritorni il sonno

lunedì 9 novembre 2009

Madre e figlio...con una penna in mano


Sì, con una penna in mano. Rodolfo, il mio primogenito scrive storie bellissime e lo fa con un certo talento. Non è orgolgio di mamma, ma occhi di chi da sempre scrive che si specchiano nella successiva generazione. Rodolfo ha un linguaggio piuttosto ricercato e noi scriviamo sicuramente cose diverse. Qui su Fb ha pubblicato una storia a puntate, di genere fantastico, quasi epico. Capitolo per capitolo, fogli che a mio giudizio meritano di essere raccolti insieme e pubblicati. Un buon romanzo, questo è quello che sta scrivendo.
In lui rivedo la mia stessa giovanile passione per il simbolismo del fantasy, è il genere che più rispecchia le trasformazioni dell'età. Quello che nel mio caso è sfociato in puro amore per la letteratura sudamericana e per quel sentire, un po' intenso e così raffinato che noi italiani abbiamo dimenticato, presi come siamo dal nostro stesso pensiero e da una cultura che sempre più ci allontana dalla nostra parte spirituale.
In lui rivedo la mia stessa voglia di trovare il tempo, e lo spazio, per stare da soli, per pensare perchè sono le idee che si trasformano in parole e in storie. Prima le vedi e poi le scrivi.
Scelte diverse e generi diversi, ma lo stesso meraviglioso tuffo nell'inconscio che alla fine diventa il tuo essere. Non puoi fare a meno di scrivere, diventa un modo di vivere e tutto passa attraverso la parola. Io alla sua età già ero alla ricerca di qualcosa che desse significato alla parola romanzo, mi interrogavo sulla scrittura maschile e su quella femminile. Cercavo la parola "che mondi possa aprirti". E una sintesi tra tutte le opzioni possibili, quella che ho poi trovato nello shiatsu.
Lui più semplicemente, immagina e scrive, anche se è consapevole che quell'atto non è riservato a tutti, ma al suo pubblico, un pubblico scelto in modo selettivo che è poi il criterio che mio figlio usa quotidianamente, anche in altre cose. E' così bella la sua scrittura! Ed è anche una passione che ha coltivato da sempre, fin da quando alle elementari ha scritto una storia sul volo di una farfalla, accompagnata da un disegno che desse forza alle parole usate. Perchè Rodolfo è sempre stato capace di disegnare molto bene, usando colori personali e immagini particolari. Un proprio stile insomma, lo stesso della sua scrittura.
E trovo sia bello che madre e figlio codividano il fatto di amare stare con una penna in mano (per me a volte è un pennino da china), questo meraviglioso appuntamento con se stessi.

mercoledì 4 novembre 2009

Lontano

Dall'altra parte
del mondo
lontano
Come quel panico
che inghiottiva
tutto
creando confusioni
sensoriali
Come quell'attimo
di prolungato silenzio
di sguardo
che cambia l'agire
Mentre l'essere
diviene capace
solo di cogliere
le assenze

lunedì 2 novembre 2009

Ad Alda Merini

Trascinava i piedi
stanca
e le sue scarpe
erano le mie
L'angoscia ha una
matrice comune
come fosse un unico
peso mentale
Alla finestra stava
guardando dell'altrui
vivendo mille storie
che non sono
mai state
nè mie nè sue
Versi liberi a volte
per contrastare il buio
Ed avanzava piano
senza più timore
di perdersi
nel pensiero oscuro
il suo e il mio
Trovando
l'unico vero antidoto
ad ogni follia
Ma la poesia
purtroppo
è solo un sogno vago

9 gennaio 2005

mercoledì 14 ottobre 2009

Sweet Mercy

E ti aspetto
come tu fai con me
senza confondere
gli attimi distanti
Non esiste
nè tempo
nè spazio
che non possa
essere contenuto
in una bolla
che vola leggera
e atterra piano
Non c'è fretta
che mangi i secondi
e riesca davvero
a rubare attimi
così importanti
co...sì fuggenti
Delicate mani
disegnano contorni
scaldano respiri
in un luogo assolato
dove tutto è possibile
Guarda
è già domani

martedì 13 ottobre 2009

La paziente attesa di rinascere


E torno a scrivere, perchè mi sto preparando. Come una fenice dalle proprie ceneri.
Aspetto paziente e consapevole di aspettare, ma con il sorriso sulle labbra per la mia nuova vita che è alle porte e che si preannuncia come un traguardo finalmente raggiunto.
Arrivarci ha voluto dire passare guadi di torrenti in piena e sassi appuntiti che ogni tanto laceravano le scarpe, ha voluto dire scalare montagne a abbattere muri, quelli dell'indifferenza e quelli dei ruoli sociali, delle risposte preconfenzionate e sempre ben inscatolate. Faticoso a volte e con ritorni a spirale, passi indietro perchè era necessario completare l'esperienza prima di lasciarla andare.
Lo ero già prima, anche se rinchiusa in un guscio che ormai mi stava stretto e quasi mi impediva di respirare, ho sempre voluto esserlo e lo sono. Io ora sono.
Ma c'era qualche muretto che si opponeva, qualche albero caduto sul mio cammino. Che mi faceva ritornare indietro al non essere. Sofferto, sì sofferto, anche in solitudine talvolta. Sofferto nel corpo quanto nello spirito tra gli sguardi un po' indiscreti e curiosi, un po' increduli e un po' affascinati.
Eppure tutto è sempre e solo stato nelle mie mani, quelle che un tempo stringevano la penna tra le dita o il pennino da china e ora toccano, sentono, alleviano, accolgono.
Dalla decisione all'attuazione ce ne passa e la determinazione, la volontà devono essere forti, più forti di tutto, più forti di chi non ha il coraggio e un po' ti invidia il tuo, di coraggio e non sa se parteggiare per te e sostenerti oppure se opporsi, rendendoti le cose più difficili, mettendoti qualche bastoncino tra le ruote. Più forti di un mondo impreparato all'amore e che quindi se ne spaventa, perchè lo destabilizza.
E poi, lentamente, ogni cosa è tornata al suo posto, ogni filo intessuto è diventato un arazzo che ha i colori del tramonto e dell'alba insieme, il calore del sole, la complessità di un paesaggio, la semplicità della vita. E io sono e ho tutto quello che volevo, ogni desiderio desiderato, ogni sogno sognato, ogni nota cantata, ogni voce ascoltata, ogni parola scritta, ogni sorriso donato e ogni abbraccio dato. E' bastata una frase fuori dal coro, riferita davvero a me e non autoreferenziale, è bastata una spinta data al momento giusto, l'attenzione agli attimi e ai bisogni quando sono nel nascere per dar loro risposta. E' bastata un po' di sana voglia di vivere, vedere, conoscere, sapere e gustare.
Grazie a chi sa di averne avuto gran merito, a chi ne fa parte e non potrà mai più esserne fuori. Grazie per tutti i giorni che verranno.

sabato 12 settembre 2009

Parole taciute e dette

Non c'è bisogno
di dire tante cose
basta il sentire
piccoli gesti
capaci di rendere
grande il giorno
L'odore della pelle
accarezzata piano
Il tocco gentile
di una canzone
mentre il pensiero
si insinua lento
e mette radici
nel fondo dell'Anima
Come un ulivo
che oscilla delicato
Come una brezza
che tra i brividi
ti fa sentire vivo
Rinasco in te
e mi specchio
come fossi
un grande lago
forte e calmo
E ti dono un sorriso
con tutto l'amore
che posso....

domenica 30 agosto 2009

"Corrispondenze" con Lorenza, ma anche con Chantal e Monica

“ E sento, sento che tu mi hai dato le ali”. L’abbandono e il buio e palpebre dischiuse (grazie Daniela)...e molto altro ancora....le emozioni e i vissuti che affiorano e, pelle su pelle, due che diventano una sola cosa, si immergono in apnea e poi riemergono, cambiati, stupiti anche di aver attraversato tutti quegli attimi, un'ora si fa secondo e cambia tutto....io più ricca e tu liberata e più consapevole di te e del mondo....entrambe splendide con un filo intessuto piano che resiste ad ogni tempo.
Cara Lorenza, come vorrei toccarti così!
A volte quello che emerge è un deserto generato dalla totale mancanza d’acqua, come una pianta che non è stata annaffiata ed è appassita. A volte il dolore è invece talmente forte da far urlare il corpo in ogni sua parte. E bloccarlo eliminando movimenti facili per lasciar posto solo alla difficoltà della rigidità. Qualche spiraglio appare per far tornare un aquilone in volo così che ritrovi l’armonia della danza.
Altre è la malinconia con i suoi splendidi colori che diventano gradualmente più scuri fino a trasformasi in pianto. Un respiro che non è armonico e un sospiro che invece tradisce la volontà di liberarsi da ogni blocco. Una dolcezza non riconosciuta che si è trasformata in freddo, un freddo penetrato talmente in profondità da diventare ghiaccio e quindi calore nell’esplosione di un’infiammazione. O il buio della paura e la rabbia di tutte le decisioni da prendere e delle situazioni o arti da tenere sotto controllo. E ogni volta, tutte le volte, la disperata ricerca di una serenità perduta, di una gioia piena del vivere.
Onguno di noi è un Universo

mercoledì 26 agosto 2009

Il caos e la paziente attesa

A volte il caos
s'impone evidente
mentre l'attesa
si fa acqua
e scivola sulle cose
come fosse pioggia
Paziente il respiro
che alza e abbassa
l'addome
per sciogliere emozioni
che si intrecciano
e un po' spaventano
Ci sono luoghi allora
dove tornare
per sentirsi al sicuro
Posti bui
dove fermarsi e rimanere
che odorano di muschio
come coperte
per tenersi al caldo
aspettando che il giorno
arrivi di luce
e metta in risalto
il profilo del vivere

martedì 25 agosto 2009

Le parole del corpo

Il corpo parla. Io lo sento sotto alle mie mani. Al di là delle considerazioni teorico-scientifiche per impostare la terapia, quando tocco un corpo, sento esattamente quello di cui ha bisogno. E alla fine prevale l'istinto e le mani sanno perfettamente dove devono andare.
Succede anche quando, ad un certo punto, senti che quella persona sta bene. Ti pare quasi impossibile, dopo tutti i passi avanti e quelli indietro, dopo i ritorni a spirale e i piccoli progressi piuttosto sudati.
Eppure è così. Appoggio le mie mani e per prima cosa, percepisco l'energia totale di quella persona che scorre libera. I vuoti non sono più tali e i pieni sono armonizzati, tutto scorre libero e per quanto le mani cerchino il richiamo di un punto preciso che chiede di soffermarsi, per quanto sondino in profondità, tutto circola, come deve essere.
Armonico, non vuol dire perfetto: i segni strutturali rimangono esattamente lì dove sono. Ma rimangono anche segni e non si trasformano in sintomi.
Siamo occidentali e viviamo secondo ritmi frenetici che molto poco hanno a che vedere con la calma circolarità orientale. Per noi il rapporto causa-effetto ha un legame stretto che gli orientali non vedono nell'affermazione che causa ed effetto sono un'unica cosa. Per cui spesso non ci sembra possibile essere giunti dove il nostro percorso voleva portarci, non ci crediamo.
Ricevente e operatore sono una cosa sola anche in questo luogo di incredulità, quasi non si fidassero del traguardo raggiunto.
Ma alla fine è il corpo che parla, per loro e a loro e dà voce all'istinto al muoversi più morbido delle mani capaci di percepire anche l'assenza di bisogno.

venerdì 21 agosto 2009

Una canzone

Ci sono momenti
senza parole
dove lo spazio
dilata ogni senso
Una lacrima
diventa zircone
e riluce nel buio
s'incastra nell'anima
Ci sono suoni
combinazioni di note
che accarezzano
senza far pensare
Come fossero code
di stelle cadute
e poi afferrate
Senza idee nè desideri
senza passi nè strade
da percorrere
Solo il sentire
che supera
ogni dualità
e le barriere
Solo colori
che piano
si posano
nell'unità dell'essere
Solo per me...

martedì 18 agosto 2009

Quando le donne imparano a volare

Alle mie donne, a quelle con le quali abbiamo condiviso momenti ed emozioni e a quelle che ho incontrato qui e che mi hanno dato tanto. A tutte loro che sono capaci di stupirmi per le intuizioni che hanno e per le emozioni che sanno vivere. Mi ricordano tanto la canzone di Liguabue quella delle “donne che sanno sentire un po’ di più, vogliono sentire un po’ di più”. Infatti sono capaci di superare la barriera della Rete e sentire ciò che le altre stanno vivendo in quel momento, in un gioco empatico che è molto più di un semplice gioco. E’ condivisione.
Io ho frequentato poco le donne nella mia vita, mi sono sempre trovata meglio con gli uomini, parlavamo un po’ la stessa lingua, ma ultimamente qualcosa è cambiato, forse in me ed è proprio con le donne che mi sento a casa mia. Con le mie donne, naturalmente. Che siete voi. Le sorelle che non ho mai avuto (sono cresciuta circondata da maschi e alla fine anch’io sono diventata un po’ maschio!), ma alle quali ora non potrei rinunciare.
Abbiamo vissuti in comune, con modalità e tempi diversi, con personaggi e interpreti diversi, con strascichi diversi anche, ma spesso ci si ritrova nelle parole di ognuna di noi. Sapete che non giudico e che non sono nemmeno il tipo adatto per dare consigli, posso solo raccontarvi quello che è capitato a me. Io ho deciso di ripartire, ma da me stessa.
Questi pensieri sciolti vogliono danzare liberi nell’aria per arrivare anche a Floriana Buscicchio, Anita Silviano e Daniela Thomas che in questi giorni hanno stimolato parecchio i miei ragionamenti e confido nell’aiuto di Lorenza, la mia metà siamese, per questo. E’ stata soprattutto una battuta di Daniela ad ispirarmi queste riflessioni, un sorriso nato dal mio cuore di “bambina”.
Perchè alla fine siamo solo angeli caduti, con le ali ferite forse e spesso non riusciamo più a spiccare il volo, per quanto ci sforziamo. E i nostri sogni rimangono immagini sbiadite, appiccicate sul muro, come i post-it che ci ricordano i nostri mille impegni. Ci prendiamo cura di, sosteniamo, accogliamo, difendiamo, generiamo, fatichiamo senza un lamento. Siamo figlie, madri, mogli, amanti, amiche, compagne di una vita e di più vite. Ma talvolta vorremmo chiudere gli occhi e lasciare ad altri tutti questi compiti, riprenderci con forza la nostra bicicletta che tutti hanno cavalcato e montarci in sella, correre libere nel vento, come cavalli lanciati al galoppo. Riprenderci i nostri spazi anche e le strade su cui guidare la due ruote. Riprenderci tutti i tramonti che avremmo voluto condividere ma che qualche volta ci sono rimasti in gola, come un urlo strozzato. Riprenderci le nostre vite, ma senza rabbia, con grande tranquillità. Per continuare il cammino verso l’alto e verso tutto ciò che sappiamo ci fa essere migliori.
E anche se talvolta una lacrima scivola giù piano e c’è una gran tristezza che ci opprime ricordandoci che siamo angeli caduti, ritroviamo sempre la nostra forza per rialzarci da terra e, guardandoci negli occhi, sentendoci sorelle, riderci sopra.

venerdì 14 agosto 2009

Come un airone in volo: il Polmone



La ricerca sulla parte spirituale dei canali energetici che disegnano il nostro corpo, è al suo inizio in Italia ma è molto stimolante. Franco Bottalo sta seguendo le lezioni del monaco taoista Jeffrey Yuan e spesso le ripropone nei suoi libri, ma al momento ci sono solo note sparse sull’argomento.
Questa mia, è una semplice riflessione che non vuole certo essere esaustiva, ma che vuole fornire un semplice spunto, a me e a tutti gli appassionati, per proseguire nel percorso di approfondimento e studio dei canali e del loro significato spirituale. La dedico ai miei compagni di viaggio, di quello splendido viaggio che è lo Shiatsu, ma anche a chi vorrebbe semplicemente provare un trattamento per capire dove le proprie potenzialità possono portarlo. E dove, più in generale, le potenzialità umane potrebbero portare l’Universo intero. Mi scuso con questi ultimi per i possibili termini tecnici, assicurando che nel contesto si rendono necessari.
E scelgo l’immagine che Bottalo ha pensato per il Polmone: un airone. Perchè così è quest’organo, fragile forse, ma anche capace di volare.
Fei è il “coperchio” dell’uomo, uno zang molto interessante sotto molti punti di vista. A partire dal fatto che è un organo “curioso”, in quanto a differenza degli altri organi che tesaurizzano sostanze preziose, il Polmone si riempie e si svuota d’aria.
Il respiro è il cuore dello zang, ma anche del canale energetico nel quale risuona. E’ il nostro primo e ultimo atto in vita e di vita e non a caso i cicli circadiani (di massima energia di ogni canale) partono proprio dal polmone, anche altre “sequenze” lo fanno. Si parte dall’elemento Metallo. La meditazione si basa sul respiro, come il Tai Chi Chuan e molte altre pratiche fondano il proprio essere sul ritmo respiratorio. Il respiro è il ritmo stesso della vita e per questo è centrale in noi e nel nostro percorso. Il Polmone diffonde in due direzioni: in noi stessi diffonde l’aria e la luce che prendiamo all’esterno e verso il mondo dove noi diffondiamo ciò che siamo. Diffonde verso il basso ma anche in modo armonico, trasversalmente. Si pensi al monaco Muhen che curava con i “soffi”, si pensi all’ideogramma di Qi e alla presenza del vapore di riso inteso sempre come “soffi”. Si pensi al soffio che Dio emette sull’uomo per dargli vita, nella Bibbia. In molti testi sacri il soffio, o il respiro è centrale quando si parla di essere umano.
C’è un altra considerazione da fare, il colore secondo il Su Wen: è il bianco. Ma il bianco non è la somma di tutti i colori principali? Questo aiuta a riflettere sulla centralità del Polmone e delle sue funzioni per l’Uomo. In molti testi viene ripetuto il concetto dell’inizio e della fine, del ritmo della Vita.
E con il suo Fu, l’Intestino crasso, il collegamento sta proprio nella funzione di eliminazione, di ciò che non serve, come gli agenti patogeni. Ciò che non serve a vivere.
Il soffio è Qi e il Qi è Vita. Il nostro diffondere nel mondo è un passaggio etico del nostro essere, come il “curare con i soffi” di Muhen, o tale dovrebbe divenire. Il Polmone è il nostro relazionarci con il mondo e per noi shiatsuka non è un caso se il canale finisce nel dito pollice della mano, uno degli strumenti che usiamo di più nei nostri trattamenti. Al pari del canale dello stomaco indagato dal punto di vista spiriturale da Massimo Beggio (Maestro dei maestri di Shiatsu-Xin), anche qui il nostro relazionarci è inteso in totale gratuità, noi respiriamo e ridiamo al mondo qualcosa. Ci contraiamo e espandiamo per farne parte in modo totale. E diventare più che una semplice immagine riflessa del Macrocosmo. Nel respiro noi siamo il Macrocosmo. Quando premiamo, noi diffondiamo (mentre espiriamo) nel ricevente, energia, quella che abbiamo preso al di fuori di noi. Come dice Rappeneker “Il Metallo garantisce il collegamento con il Ki universale”. Può sembrare strano che il microcosmo umano sia collegato con il macrocosmo, ma pensiamo solo alle variazioni di pressione atmosferica e a come agiscano sulla nostra pressione sanguigna. Idem accade con il Polmone, inteso come Metallo, Zang e canale: noi contraiamo per prendere aria dal macrocosmo e poi espandiamo nel momento della diffusione, quando cioè andiamo verso l’altro. E nell’espansione seguiamo esattamente il percorso degli Shen, così come suggerito dal So Wen, ma anche dal Tao di Lao Tze.
Per quanto riguarda il nostro rapportarci con l’esterno, l’elemento è centrale. Il metallo è una struttura, è concentrazione e compattezza, ovvero stabilità, ma è un conduttore. Ha dunque una funzione di collegamento appunto, attraverso la conducibilità. Il respiro poi è il ritmo elementare della vita, quello diaframmatico che viene trasmesso anche al battito cardiaco.
Il Po, cioè lo spirito o Shen del Polmone, è l’anima corporea, intesa come quelle abilità che abbiamo appreso, ma anche come la nostra memoria filogenetica, quella che nei neonati è ancora ben visibile dai riflessi condizionati (riflesso di Moro, rooting ecc) che sono appunto abilità della stessa specie umana. Non va visto in senso di memoria corporea materiale, ma come quella memoria del corpo che è consapevolezza. Quando camminiamo noi mettiamo in quei semplici gesti tutta la nostra consapevolezza, nel mantenere l’equilibrio, nel portare avanti prima una gamba e poi un’altra, nel farlo con il minor dispendio di energia e tenendo conto della struttura del nostro corpo. E il grande pianista non utilizza proprio la memoria del corpo per eseguire alla perfezione un pezzo?. Le mani seguono lo spartito, perchè hanno una loro memoria interna, come la dattilografa batte velocemente con dieci dita sulla tastiera e in poco tempo è in grado di scrivere una lettera.
Il Polmone è strettamente legato alla Milza per diverse ragioni. Per il livello energetico (Tae Yin), per la formazione del sangue, perchè insieme producono quello che poi passerà al Cuore per la trasformazione finale, per le emozioni perchè il rimuginare della Milza a lungo andare diventa Tristezza del Polmone e viceversa. Dal punto di vista degli elementi poi il Metallo (Polmone) è figlio della Terra (Milza). Ma c’è un altro punto di collegamento tra i due Zang ed è dato dai rispettivi canali, i cui punti servono all’altro.
Quasi tutti i punti del canale del P servono ad abbassare e diffondere, il 2 La porta delle Nuvole e il 3 Palazzo celeste richiamano con i loro nomi il concetto di Cielo (Yang). L’8 (un cun sopra la piega traversa) è un punto Shu antico (fiume)- metallo. P9 è punto Yuan terra, che tonifica il Qi di P e M e regola il bilancio dei liquidi, come fa anche M 3 (punto Yuan). Anche nel loro movimento, M verso l’alto e P verso il basso, i due si equilibrano, sono cioè complementari (come Yin e Yang). P 11 è un punto pozzo (usato per la perdita di coscienza).
Diamo un occhio adesso ad alcuni punti di Milza: 7 (6 cun sopra l’apice del malleolo interno) elimina la stasi di flegma che invade il Polmone. M 15 4 cun a lato dell’ombelico elimina l’Algor Vento dal Polmone. M20 nel secondo spazio intercostale (un cun sotto P1) raffredda e elimina il calor humidis dal Polomone.
Questo nostro contrarci verso noi stessi e poi espanderci verso il mondo segna il ritmo della Vita dove la consapevolezza reale non è data solo dalla nostra parte cosciente, ma anche dall’inconscio, andare in bici, camminare, fare una pressione. Non è consapevolezza volitiva, ma è quando arco, freccia, tiratore e bersaglio diventano una sola cosa. Solo allora noi non siamo più un semplice eco del macrocosmo, ma ne siamo parte integrante.
Trattare P, zang o canale, vuol dire non solo agire direttamente sull’organo, ma anche sul respiro. Può essere quindi utilizzato per “abbassare”, ma anche per rafforzare il rapporto del ricevente con il mondo esterno. Quindi in presenza di problematiche che riguardano anche le relazioni interpersonali. Per la tristezza e ancora per il respiro inteso invece come movimento diaframmatico (in associazione con i primi 6 punti di Ic). Per nutrire il Metallo, si possono utilizzare i Mu, in sequenza (trattando la Terra, ovvero Mu di Stomaco e Milza). E’ importante, perchè il Metallo sia in equilibrio, verificare lo stato della Terra che ne è madre ma anche quello dell’Acqua che ne è figlia. Anche calore presente in altri elementi può danneggiare il Metallo perchè se l’Acqua non è in armonia il Metallo viene prosciugato. Tutto quello che ruota intorno al Polmone va quindi verificato, prima di un intervento. Il canale va trattato per armonizzare il respiro, ovvero per abbassare e far circolare meglio, in modo da facilitare la diffusione.

mercoledì 12 agosto 2009

Quel tocco che cambia...

E’ proprio vero, il tocco cambia tutto. Lo shiatsu cambia tutto. Cambia le nostre relazioni interpersonali e il nostro modo di intenderle anche. Ormai è diverso il modo in cui stringo una mano o tocco una spalla. Io sento e in me prevale la terapista che cerca di cogliere il bisogno.
E soprattutto il corpo diventa un “contenitore d’anime” e proprio per questo, sacro. Lo tocco con una sacralità senza pari. Una volta dicevo sempre che il ricevente è il territorio del sacro, ora anche il suo corpo lo è. Non insisto, sento, ascolto e rimango, adattandomi a lui/lei. Le mie mani si adattano a quello che sentono e i miei pollici aspettano pazienti. Senza nessuna aspettativa.
Come una serata con un amico, dove non hai aspettattive, non ti poni traguardi da raggiungere, ma solo lo stare insieme. L’essere insieme.
Alla fine qualsiasi corpo tocchi e in qualsiasi maniera lo fai, è lo stesso. Quando accarezzo i miei figli, quando abbraccio un amico, quando amo fisicamente il corpo di un altro.
Lo ripeterò fino allo sfinimento, quando tratto non penso, sono. Tutte le mie parti diventano una che sono io. Posso avere mille pensieri, tristezze, preoccupazioni, il respiro non molto regolare anche se mi sforzo in pochi minuti di centrarmi. Ma tutto accade appena poggio la mia mano sull’altro: mi centro, il mio respiro si fa regolare e ascolto, sento quello che l’altro mi comunica.
Percepisco le differenze e le apprezzo, rallento il respiro e guardo in modo diverso. Mi accorgo che il mio sguardo cerca di penetrare nell’altro, per rafforzare la mia empatia e questo, non sempre può essere percepito come “simpatico”.
Non c’è volontà di indagare l’altro, ma proprio quella di entrare in lui. Non per curiosare, ma per capire, per trovare sintonie. Per trovare punti sui quali sintonizzarsi.
Non è molto diverso da quando scrivo una poesia. La mia mano diventa tutt’uno con la penna e danzano insieme su un foglio che dà vita alle parole. L’anima si riversa su quel foglio per raggiungerne altre. Nel trattamento sono due le anime che entrano in una bolla empatica e iniziano un percorso, più o meno consapevolmente. Anche il ricevente più inconsapevole, più “indisciplinato” che non vuole e non segue consigli, si fa coinvolgere in un percorso che porta ad un giusto distacco dalle cose. Le mani raccontano una storia d’amore e ricevono un’altra storia d’amore. Ci può essere dolore, pensieri, preoccupazioni, il pieno e il vuoto in senso letterale e lato. L’armonia nasce dalla pressione, perpendicolare e costante che riequilibra e lascia scorrere.
Quando il tuo respiro diventa il ritmo dell’altro e insieme quello dell’Universo. E’ allora che Yin e Yang sono in perfetto equilibrio.

lunedì 10 agosto 2009

storie di donne



Sono solo storie di donne. Che nessuno ascolta veramente, racconti scomodi per una società perfetta, per chi dice che va tutto bene, che non c'è nulla da cambiare. Ma anche per chi crede che non ci sia nulla da fare, se non tapparsi le orecchie per non sentire. Donne sole, spaesate che spesso non trovano parole per spiegare quello che stanno vivendo. In due Mesi lo sportello donna di Desio, attivato dall'associazione Codici, ne ha sentite quasi cento.
Stalking, maltrattamenti, violenza, botte, minori coinvolti e dolore, dolore, sempre dolore. Un dolore sordo che non le fa respirare. Non vengono ascoltate, spesso sono lasciate sole dalla famiglia d'origine e sono confuse, pensano che il vissuto di tutte le donne sia questo. Che quasi se lo meritano.
Hanno occhi grandi e spaventati, perchè non sanno se riusciranno a vedere l'alba un'altra volta. Sono state picchiate, ma anche minacciate senza sosta. Senza un motivo, senza un perchè. I loro figli, piccoli, cercano di difenderle, perchè la vittima diventa spesso succube del suo carnefice e dipendente...quasi ad un certo punto avesse bisogno della dose di violenza quotidiana.
Incapaci di vedere una via d'uscita, un'altra vita. La loro è stata stravolta, cambiata da un incontro sbagliato.
La loro colpa? Quella di non aver saputo giudicare....ma anche quella di non aver mai trovato una mano amica. Nonostante le denunce presentate alle forze dell'ordine, nonostante si siano rivolte a qualche avvocato. C'è anche chi è più pronta e forte e lotta, ma ha dovuto comunque cambiare la propria vita, lasciare un lavoro prestigioso per poter avere un guadagno che permettesse di vivere e pagare un affitto. Nella speranza che le minacce cessino, che il domani sia un giorno migliore. Che possano vederlo il domani.
Ogni settimana c'è una vittima fisica di quella violenza che spesso inizia solo in forma verbale, come stalking. Non c'è una localizzazione precisa agli omicidi, nè un ceto sociale che ne è immune. Se va bene, si tratta di violenza psicologica che non lascia segni evidenti certo, ma che dà cicatrici perenni, minando l'autostima delle persone.
Arrivano allo sportello, si siedono e sembrano non volerlo lasciare mai. Chiamano disperate, piangendo e raccontando che sono state di nuovo picchiate e minacciate. Come si fa ad abbandonarle? Le si accompagna allora, prima dai carabinieri e poi in un percorso verso la propria autonomia, verso il recupero della propria identità e della propria forza.
Se in due mesi tante donne si sono rivolte a Codici, qual'è la vera proporzione del fenomeno? Quanti casi rimarranno nell'ombra? Quante donne rimarranno in silenzio e continueranno a subire?
Svestiamoci dei panni di chi vede e sente, ma fa finta di nulla, dei vicini che preferiscono non intervenire. Della stampa che preferisce parlare d'altro, di un'intera società che stende un velo su tutto questo. Non possiamo guardare un quadro di Klimt che traccia le tre età femminili e contemporaneamente dimenticare che c'è chi a malapena riesce a raggiungere la seconda. Rendiamo quell'opera armonica come il suo autore l'ha pensata. Qualcosa si può fare, eccome. Basta volerlo.
www.codici.org

venerdì 7 agosto 2009

Facebookmania: reset

Ho detto stop. L’ho fatto volutamente tra un coro di no altisonanti, tra mail che arrivavano perchè volevano sapere cosa era successo e chi sosteneva che dovevo solo fare una pausa.
Ho detto stop al virtuale, a quella trappola che alla fine Facebook diventa per tutti. Perchè ti lasci trascinare da un vortice che cambia in fretta, veloce, scattante, apparentemente pieno di vita, di quella vita che non siamo più capaci di ritrovare se non siamo davanti ad un pc. Una volta lo facevamo davanti al televisore. In realtà è un contenitore pieno di balle.
Inizi per gioco e comunichi con parenti lontani, poi gli amici aumentano, tanto che non riesci a vederli tutti. Il sistema ti dà suggerimenti e alla fine li accetti, allarghi la cerchia, tanto è un gioco!. Ma inizia ad occupare sempre più tempo. Conosci anche persone interessanti e le conosci anche in carne e ossa. Ma questo non capita con la maggior parte, perchè la maggior parte preferisce rimanere ben nascosta dietro ad un monitor ad inventarsi una vita mai vissuta e esperienze mai fatte. Siamo tutti dei ganzi in Feisbuck! Pagine autoreferenziali, messaggi lanciati nel vento o diretti a qualcuno di preciso e poi subito negati, perchè qualsiasi coinvolgimento reale alla fine spaventa, non c’hai sbatta, nè voglia. Il disimpegno impera e l’individualismo puro anche, ma tutto ben mascherato da dichiarazioni di amicizia, di affetto, di amore. Dichiarazioni di comodo naturalmente in un gossip senza fine, dove nessuno si fa mai gli affari propri, talvolta anche con una punta di malizia, giusto per rimanere in tono. E nessun dolore, bando al dolore e alla tristezza...un post un po’ serio viene subito interrogato e tu devi spiegare, trovare scuse. Semplicemente è vietato essere tristi. Oppure lo sei per farti virutalmente coccolare, dimenticando che non è quello il calore che combatte il freddo. Alla fine non sei più tu, ma sei un vero ganzo! Sempre in pista, con la battuta pronta...
Ogni tanto leggi un post che incita al buon senso e allora ti pare di tornare sui binari giusti e rifletti, commenti, mentre l’autore ripiglia lo scherzo, per non scoprirsi troppo. Una enorme risata virtuale, per te che ci sei cascato, per tutti, per l’intera rete piena di pescioni.
Niente di diverso da quello che c’è fuori, da quello che tutti i giorni critichiamo e che ci spersonalizza, ci fa sentire spersi, ci dà un disincanto che è pura insoddisfazione. Combattiamo le nostre solitudini con un commento, un video, un post. Non facciamo proprio nulla per sentirci meglio, ci dimentichiamo perfino delle nostre scelte e di chi siamo veramente, com’è capitato a me.
E piano, piano ti fai prendere la mano, appena hai un momento libero ci vai, inizi a stufarti dei giochi e dei quiz, dei baci mandati e di quelli ricevuti. Ma hai un sacco di amici, amici veri, pronti a sfidare la tempesta per te...a parole e sul pc (anche le tempeste sanno essere virtuali). E mai nessuno che sia davvero disposto a mettersi in gioco.
L’apparenza più totale....il commento di un’amica ad una mia foto, mi ha fatto riflettere sul fatto che non siamo fatti di cibacrome, non siamo semplici fotografie di un attimo che agli altri possono apparire diverse da quello che sono in realtà. Siamo vivi e ci muoviamo nel mondo, facendo esperienza d’esso e arricchendolo con la nostra stessa esperienza elaborata. Quando lo facciamo.
Ci ho perso quattro amici in sei mesi e all’ultima balla che mi è stata raccontata, anzi all’ultimo mucchio mi balle che mi sono state raccontate, mi sono fermata un attimo. Perchè una persona era tanto diversa incontrata dal vivo rispetto a quando era in quel contenitore virtuale? Perchè un gioco divertente era diventato un pugnale? Perchè tanto calore si era trasformato di botto in qualcosa di poco autentico, in una bugia colossale?. E dove stava la verità, in Facebook o fuori di lì? E soprattutto io che stavo facendo?
Per anni mi ero lamentata che il giornalismo non mi lasciava lo spazio per approfondire i rapporti, per cogliere tutto quello che d’interessante c’era nelle storie che sentivo. E ora? Ero di nuovo in piena superficie, mi accontentavo del mordi e fuggi, di un’enorme bugia che ha davvero poche eccezioni. Avevo dimenticato tutto quello che di più importante avevo imparato dalla Medicina tradizionale cinese, avevo disimparato a creare rapporti stabili, che durano nel tempo, concreti, fondati sul tocco. Avevo dimenticato il valore dell’amicizia. Avevo dimenticato di aver scelto il tocco, il contatto, la consapevolezza di me stessa e del mondo.
Ero arrivata ad avere centinaia di notifiche in un giorno, tre persone che mi chiamavano contemporaneamente in chat, messaggi e messaggi di posta, video regalati, postati, “rubati” e...della gran sabbia che scivolava via tra le dita. Mentre tre amici continuavano a mancarmi. Nessun reale approfondimento, se non con qualche rara eccezione.
Ho fermato il gioco e sono stata a guardare...dopo sole 24 ore avevo dimezzato le notifiche, dopo poco più di un giorno quasi nessuno si ricordava chi ero e dov’ero finita. Ecco, era esattamente quello che volevo, un po’ di silenzio, per poter ripartire.
Ripartire in un altro modo, utilizzare il web per pubblicizzare le mie attività e quelle di Codici, utilizzare il web nel suo lato utile, scartando ogni più piccola scoria. Senza più commenti, se non un mi piace e non mi piace. Senza dimenticare che prima di credere a qualche parolina dolce o frasette da bacio perugina, forse è meglio che mi affidi al tocco che verifica la veridicità delle cose. Senza più foga, perchè nessuno può essere conosciuto così. Non mi stancherò mai di ripeterlo, le persone vanno guardate negli occhi quando si parla loro e quando le si ascolta. Yin e Yang non sono concetti superficiali, ma profondi che spiegano l’intera realtà. Non mi interessa il mordi e fuggi, l’emozione del momento che in realtà è falsa, è solo un fortissimo desiderio di provarla. Voglio l’emozione vera, quella che nasce da un Tai Chi, quella che vive in un contatto, la canzone d’amore che canto quando le mie mani si poggiano sui miei riceventi. Quando tocco un corpo io lo percepisco nella sua totalità, percepisco ciò che quella persona è e ciò di cui ha bisogno. Quando tocco una tastiera questo non accade. Siamo talmente appiccicati al pc che non capiamo che è per questo che alla fine non troviamo il tempo per incontrarci sul serio.
Mi è stato detto che è il luogo delle possibilità, perchè non puoi vivere nella vita reale alcune cose...ma un bel libro, o un film non ti lasciano qualcosa di più? Io allora preferisco sognare ad occhi aperti, perchè almeno il sogno, per quanto non sia reale, è vero. E’ sincero e io so come muovermi, non devo stare attenta a nulla, al commento strano che fa incazzare l’amico che poi non ti caga più, al misunderstanding che brucia i rapporti di continuo. Perchè non parliamo più con la nostra voce, ma con i tasti, quelli del pc o del cellulare. Tanto che di fronte ad una voce vera, ogni tanto ci stupiamo, rimaniamo meravigliati dalla sua bellezza. Ecco, voglio ascoltare solo voci vere.
Mi è stato detto che avevo perso degli amici veri ma avevo guadagnato un amico virtuale...grazie tante, ma non lo voglio. Voglio cose autentiche, reali, che posso toccare. Il gioco delle falsità mi ha stancato. Chi mi conosce ha i miei riferimenti e fa parte davvero della mia vita, non solo per qualche attimo. Chi mi conosce sa che amo la vita, quella vera. E chi mi vuol conosere, sia disposto a mettersi in gioco, a mollare il pc a casa e a uscire. Mi chiami pure, io non ho mai detto no a nessuno. Mi riprendo il mio tempo, perchè ho voglia di farmi una bella birra, una piccola rossa, come piace a me.

lunedì 20 luglio 2009

Con me nessuno e' straniero perche' siamo tutti Bilal

Mio figlio dice che parlo con tutti. Ed e' vero, almeno in parte. Con me nessuno e' straniero. Ogni anno, al mare, compro qualcosa, quest'anno come lo scorso, da un senegalese. Ho preso un paio di sandali di cuoio, ma l'acquisto il piu' delle volte e' un pretesto per parlare un po', per farmi raccontare qualcosa. La storia del venditore, che e' una storia di vita, come tante altre, il piu' delle volte contrassegnata da una serie di difficolta' e percorsi in salita.
Ognuno di noi ha una storia da raccontare, indipendentemente dal paese dal quale proviene.
In questi giorni sto leggendo Bilal di Fabrizio Gatti e non si puo', proprio non si riesce a rimanere indifferenti a quelle storie che lui ha ascoltato e trascritto. E' difficile anche trattenere le lacrime, per una verita' cosi' palese eppure ripetutamente negata dai Governi e dai giochi di potere dei pochi che si spartiscono il Mondo. Non si puo' rimanere indifferenti al viaggio che ha fatto per dimostrare che siamo davvero tutti uguali, che in certe situazioni siamo solo uomini che cercano un qualsiasi spiraglio pur di mantenere almeno un briciolo di dignita'.
Io sono una shiatsuka e coltivo, oltre al contatto, al sentire e ad un certo distacco, anche la sospensione del giudizio. Chi arriva da me, chiunque sia, sara' accolto. Perche' questo e' un procedimento necessario se mi voglio prendere cura di. Di un uomo, di una donna, che arrivano da me con qualche dolore, piu' o meno fisico, piu' o meno nascosto. Si, nascosto, perche' molti non dicono la verita', non subito. Altri non ne sono consapevoli. Per accoglierli devo necessariamente sospendere il giudizio, altrimenti mi farei prendere da quello che penso, dalle mie convinzioni e sarei condizionata anche nella scelta della terapia. Semplicemente sospendo il giudizio, su di loro, su quello e chi sono, su possibili errori e colpe, su cattive abitudini, su tutto. E lo sospendo su di me, sulle mie aspettative in qualita' di terapeuta. Lo sospendo anche sul trattamento, lascio spazio al fare e ad una mente libera senza pensare di agire, di ottenere un qualsivoglia risultato. Che, comunque, arriva.
Eppure devo anche osservare, come la persona si muove, il tono di voce, come parla, ma non guardo come e' vestito, se si e' lavato abbastanza (secondo i miei canoni), se ha calze pulite, se e' sudato. Altrimenti non potrei fare nulla.
Sospendere il giudizio vuol dire entrare in una diversa dimensione dove io sono il terapeuta che fa un percorso insieme al ricevente, un viaggio verso la consapevolezza, di entrambe.
Vuol anche dire creare una bolla d'empatia dove siamo tutti ''fratelli' in un certo senso, uniti da moltissime cose, al di la' di ogni convenzione o ruolo sociale piu' o meno imposto. E se siamo tutti uguali, lo siamo anche se proveniamo da paesi diversi, se abbiamo frequentato scuole diverse e, almeno per lo spazio del trattamento, se abbiamo convinzioni diverse. Ma se questo e' valido per lo spazio del trattamento, mi domando perche' non dovrebbe esserlo anche fuori da quello spazio. Perche' siamo davvero uniti da un comune destino. Coltivare l'accoglienza vuol dire proprio questo, non accolgo solo chi mi e' simpatico, ma anche chi e' diverso da me. Proviamo ad estendere questo ragionamento ad ogni diversita' e...si', con me nessuno e' straniero. Nessuno sara' mai straniero.
Perche' anche il mio nome e' Bilal. Il nome di tutti noi e' Bilal e non dovremo mai dimenticarlo.

venerdì 17 luglio 2009

Uomini: libretto d'istruzione

Questa riflessione e' dedicata a tutte le donne con le quali ho condiviso qualcosa. E' un tentativo di dare una risposta ad un'amica, Nicoletta.
Che uomini e donne siano diversi tra loro e' cosa nota, io lo so da quando avevo poco piu' di 20 anni e ho intitolato un mio romanzo ''Gli universi paralleli'', due pianeti che viaggiano su binari paralleli, talvolta si avvicinano, ma non si sfiorano mai veramente. E' un fatto anche che le donne sono cambiate, qualcuna di loro ci sta ancora provando, ma non vivono piu' i ruoli imposti dalle convenzioni sociali e in un certo senso sono libere di far uscire tutte le emozioni di cui sono capaci. E sono capaci di molte emozioni, condiscono tutto con le emozioni. In un certo senso confezionano anche alcune esperienze, le ''infiocchettano'' con le emozioni. E parlano parecchio pure. E' nel loro Dna, sviscerare le cose, tentare di capirle e spiegarle anche attraverso le parole. Atraverso il linguaggio portano fuori le emozioni di cui sono capaci, comprese le infinite sfumature di cui sono capaci.
E' risaputo pure che gli uomini (ad eccezione dei mancini) hanno un diverso centro del linguaggio, localizzato nell'emisfero sinistro, mentre quello delle donne e' nell'emisfero destro del cervello.
Gia' da piccoli bambini e bambine sono diversi, parlano in modo diverso, le bambinie hanno un linguaggio maggiormente articolato, colorito, ricco di vocaboli e...emotivo appunto. I bambini tendono a sviluppare una forma di comunicazione maggiormente pratica, quasi a corto circuito.
Questa premessa per dire che gli uomini sono spesso convinti di parlare chiaro, di aver detto quello che dovevano, ma la maggior parte delle volte lasciano invece tutto i sospeso. E non sempre lo fanno intenzionalmente, per non ''chiudere il cerchio'', piu' spesso non se ne rendono nemmeno conto. Si fanno coraggio e si sbilanciano nel momento in cui pensano di non aver nulla da perdere e che non otterranno mai la risposta sperata, ma quando questa arriva o fanno dietro front o pensano di essere arrivati a meta e quindi nulla e' piu' dovuto. E noi donne non sappiamo piu' come rapportarci a loro, non sappiamo piu' se quello che ci e' stato detto e' ancora vero oppure no, perche' noi viviamo in modo diverso. Un tramonto per noi non e' un semplice gioco di colori, c'e' molto di piu: ci sono i suoni e il vento che ci fa venire qualche brivido sulla pelle e la giornata che sta finendo e quel sole cosi' rosso che ti ci vorresti tuffare dentro e quell'agitazione che ti sale in groppa e che vorresti calmare, ci sono i profumi e i ricordi che affiorano e la voglia di vivere tutto fino a che non arriva il buio e le prime stelle, ma non semplicemente dentro noi. Noi abbiamo bisogno di urlarlo al mondo, di condividerlo con qualcuno. E con un miliardo di domande che affiorano nella nostra mente. Mentre gli uomini semplicemente certe domande non se le pongono nemmeno. Noi lo facciamo anche per loro, mentre loro si godono il tramonto magari anche con un velo di malinconia, ma senza aspettative o proiezioni.
Hanno e vivono emozioni anche forti, ma per loro non e' necessario condividerlo, cosa invece vitale per ogni donna. Com'e' vitale mantenere un certo livello emozionale. Per questo, nessun uomo ''soddisfera'' pienamente una donna che vuole da una parte vivere in modo pieno e dall'altra dare significato alle cose che vive.
Questo per dire cara Nicoletta che mi hai chiesto il libretto di istruzione degli uomini, che quel libretto non esiste. Ne' per loro, ne' per noi. Nemmeno un ballerino di tango argentino (e in quanto a passione ne ha da vendere) potrebbe rispondere alla tua domanda. Ne' noi dobbiamo cambiare per questo, semplicemente accettare il fatto che siamo un universo diverso, un universo parallelo.
Siamo davvero Yin e Yang, diversi e complementari, in mutua necessita' e talvolta l'incontro risulta anche piacevole, se lo Yin rimane tale e lo Yang pure, senza voler invadere lo spazio dell'altro. E senza volere che l'altro diventi come te e viva le cose come te. E se la nostra esigenza di condividere e' cosi' forte, impariamo a condividere tra noi, perche' solo un'altra donna puo' davvero capire cosa ti passa per la testa e cosa nel Cuore.

sabato 11 luglio 2009

Parliamo un po' di letteratura



Non tutti i romanzi sono uguali, non tutte le storie sono le stesse storie. Mi sono trovata a parlare con mio figlio di generi letterari e di gusti da lettore. E mi è venuto in mente il mio amore per Tabucchi, il mio amore per Duras e per Serano, il mio amore per Riccarelli e per il suo "mare di nulla" che dà emozioni ad ogni parola. Ho pensato al perchè di quell'amore. Ho pensato, da chi sa bene come si costruisce una storia, che ci sono diverse categorie, generi è la parola giusta e poi c'è un grande genere che è quello del romanzo con la R maiuscola. Che è letteratura che resiste ad ogni sbalzo d'umore e ad ogni epoca.
Gialli, fantasy, horror e fantascienza rispondono a regole ben precise di costruzione della storia. E il linguaggio usato, la forma, deve rispettare quelle regole, quegli schemi.
Ma un romanzo no, scardina e scavalca ogni limite per comunicare quello che deve e come lo vuole. Costruire una storia non è esattamente seguire il modello ternario di Bernon, quello serve per un giallo o per un romanzo di tipo classico. Ma dal '900 in poi le storie si costruiscono in modo diverso, la trama non sempre segue un filo logico, anzi alcune volte si arricchisce e si complica cammin facendo. Il linguaggio, forse l'unica costante è proprio il linguaggio che il più delle volte fa parte della poetica dell'autore. Ma prendiamo Calvino, che ha sperimentato forme diverse, per esempio e anche questo discorso va a farsi benedire.
In questo senso proverbiale era quanto sosteneva Marguerite Yourcenar che è un vero peccato, per uno scrittore, morire a 40 anni. Ogni storia viene costruita sulla propria esperienza e poi modificata, plasmata per gli scopi che l'autore si è prefisso. Per il messaggio che vuole comunicare. Tanto che non c'è più nulla di autobiografico alla fine, se non ad un occhio attento e conoscitore.
E la forma diventa l'abito, il contenitore che può essere più o meno articolato, più o meno scontato. Solo così una storia si fa davvero universale e pronta ad affrontare qualsiasi epoca mantenendo la propria attualità.
Ma quanti scrittori ci sono così e quanti romanzi?
E quanti lettori disposti a leggere le loro storie? Pochi, pochissimi direi, perchè concepita così, la letteratura si fa impegnativa, sia per chi scrive che per chi legge.

domenica 5 luglio 2009

Rewind

Posso passare e ripassare
ogni particolare
ogni parola
in un continuo
tornare indietro
Inventarne di nuove
e fantasticare anche
Come un lento rewind
di immagini cofuse
perchè non esistono
Che mi sbatte in faccia
i fatti reali e tutto ciò
che non dovrebbe essere
Passioni e giochi di pelle
attimi distanti
che offuscano
e cercano invano
di cancellare il tempo

domenica 28 giugno 2009

Parole e tocco



Con le parole ti ci avvolgi, ci giochi, ci ridi, cerchi di comunicare, ma il più delle volte non riesci ad usarle come davvero vorresti. Ci si fraintende, si danno per scontato tante, troppe cose. E poi sono davvero abusate, svuotate del loro significato originario. Pronunciate da molti che le hanno fatte diventare senza senso.
Ma il tocco non può mentire. E' una forma di comunicazione privilegiata con il corpo di un altro che ti permette di raggiungere la sua anima. La pressione non può mentire.
Il punto dà un risposta precisa e la tua mano si adatta al bisogno. Il punto reagisce e cambia. Non ci si deve mai innamorare di un punto, proprio perchè ciò che è costante è solo il mutamento.
Attraverso le mani riesci ad avere poi il quadro di insieme, quello che quella persona è in quel momento e di cosa ha bisogno.
Le mani non possono mentire. Le mani non mentono. Danzano sul ricevente portando benessere, riattivando un'energia che è solo nascosta e che ha bisogno di una piccola spinta. Per rimettere in moto la vita e la consapevolezza del proprio corpo e della propria mente.
Lascia che le mie mani cantino una canzone d'amore e ti racconteranno una storia: ti parleranno di te.

giovedì 25 giugno 2009

Solidi dubbi e fragili certezze

"E' meglio avere solidi dubbi che fragili certezze".
Ne sono convinta. Perchè non sempre le cose sono come appaiono e perchè in fondo il dubbio è una porta verso la possibilità. E' un restare all'erta e con la mente aperta.
Certo ci sono dei momenti nella vita dove le fregili certezze ci aiutano e ci semplificano i giorni, quando ci sentiamo smarriti. E allora i nostri piccoli punti di riferimento diventano assoluti, ci affidiamo a loro. Ma le certezze sono sempre fragili,spesso durano un attimo.
Una volta la mia professoressa di Storia moderna mi ha detto "ma lei alla sua età crede ancora che ci siano certezze?". Avevo 24 anni e, no, non lo credevo affatto. Mi ero già accorta che la stessa cosa cambia, se si cambia la prospettiva nella quale la si guarda. Che tanto dipende dal punto di vista, che un'opinione si forgia nel proprio background socio-culturale. E che la realtà umana è sempre soggettiva, il nostro limite che ci fa diversi uno dall'altra, non ci permette di essere oggettivi.
Ma quando siamo in crisi, talvolta, ci servono quelle fragili certezze che ci aiutano ad andare avanti, ad avere delle ancore alle quali aggrapparci.
Mentre i dubbi sono solidi, implicano cioè una certa solidità interiore e anche una forza. Come dice Franco Bottalo: "ci vuole solidità e anche molta forza per accettare il dubbio".
Sottoscrivo in pieno. Ci vuole centratura, anche in se stessi. Per riuscire ad essere ben presenti nel mondo, con la mente aperta capace di pensare a infinite possibilità. Al dubbio appunto.
Una certezza però io ce l'ho davvero ed è la mia pressione. Non la qualità e il giusto modo di premere, non la conoscenza di una tecnica o di molte, non che lo shiatsu sia una buona cosa, non che sto facendo la cosa giusta. Più semplicemente, la certezza della mia mano che preme. Ed è un sentimento viscerale, fisico e sottile nel contempo.
La mia solidità sta tutta nella mia mano che preme e che mi fa accettare il dubbio senza che mi sovrasti. Il dubbio convive con me, ma ai miei occhi è solo una mente aperta capace di attenzione integrale e di accettare le infinite possibilità, i diversi punti di vista che una cosa offre, a seconda della prospettiva da cui la sto guardando.

mercoledì 17 giugno 2009

Il regalo di mio fratello



Eh sì, è stato proprio un bel regalo quello che mio fratello mi ha fatto, anche se forse non lo sa. Io stessa me ne sono accorta di recente. E non gli ho mai detto grazie.
Sto parlando di mio fratello maggiore, Gigi che fa il musicista. E che suona ancora, mentre io lo ascolto, giù dal palco. Anche questo mi ha regalato, perchè andando ad ascoltare lui quando suonava, alla fine ci ho preso gusto e ho iniziato ad andare ai concerti, respirando quell'aria unica e quell'energia forte che è pura Vita.
E' stato un mondo quello che mi ha donato, perchè per me la musica è fondamentale, è un universo nel quale entro e vivo, ogni più piccola vibrazione, la sento a fior di pelle e talvolta arrivo ad escludere il mondo esterno. Un viaggio sensoriale, dove i suoni ti avvolgono, si differenziano e si amalgamano nella melodia. Da quando il tocco è diventato così importante per me che faccio Shiatsu, ho scoperto l'importanza della musica, la sua bellezza. E quanto io non possa proprio farne a meno.
Sarà per questo che in macchina canto a squarciagola, fregandomene altamente di chi mi osserva come se fossi un po' bislacca? Forse lo sono, ma quando sento un pezzo dei Pink Floyd mi vengono i brividi.
Mi ha regalato la grande passione che ho per la musica, la colonna sonora della mia vita, perchè i gruppi che io ascolto non fanno parte della mia generazione, ma della sua. Mi ha regalato anche un modo di ascoltare e affinare l'orecchio, fino ad arrivare a riconoscere il tocco di una chitarra. I miei chitarristi preferiti li riconosco anche ad occhi chiusi.
Ma alla fine sono i suoi chitarristi. Perchè lui suonava già la chitarra e io non avevo ancora iniziato a prendere lezioni di pianoforte, perchè portava a casa dischi sempre nuovi e io, bambina, guardavo affascinata quelle copertine a volte complicate, a volte ben disegnate. E mi sono innamorata dei Genesis, dei Pink Floyd, di Eric Clapton e di Santana, dei Led Zeppelin e dei Jetro Tull. Di Bob Marley anche, lo stesso Bob Marley che ora ascolta sua figlia tutti i pomeriggi, mia nipote Camilla.
Poi sono arrivati i miei musicisti, Sting e i Police, Mark Knoffler e i Dire Straits e la riscoperta, grazie ad un amico di un altro mito, David Bowie. E tanti altri ancora, alcuni sono suoi, lui li ascoltava e volontariamente o meno me li ha passati, alcuni sono miei. Sono stati amici e compagni di ogni mio viaggio.
Non gli ho mai detto grazie per questo regalo, ma ora so perchè, ogni volta che ascolto della buona musica, almeno per una frazione di secondo penso a lui e alla chitarra che suonava quando ero bambina. La stessa chitarra che oggi, suona mia figlia Eleonora.

martedì 16 giugno 2009

Il filo rosso dello Shiatsu



"Canzone d'amore" si intitola così il saluto che Franco Bottalo ha lasciato a tutti noi, legandosi con noi attraverso un filo rosso che ha depositato dolcemente nelle nostre mani e poi ha tagliato, a simboleggiare la fine di un viaggio comune.
E sono convinta che molti di noi ce lo abbiano ancora attaccato al polso, quel pezzo di filo rosso. Rosso come il fuoco, rosso come il Cuore e il Ministro del Cuore, come fosse stato un movimento dei cinque compresi dalla Medicina Tradizionale Cinese.
Un viaggio comune, un treno preso insieme e durato tre anni, a volte faticosi e impegnativi. Ci siamo avvicinati, toccati, ci siamo ascoltati, con le mani e con le orecchie. Abbiamo capito l'uno dell'altro, abbiamo condiviso e avuto scambi bellissimi. Abbiamo vissuto emozioni bellissime.
E proprio per questo quel viaggio non è proprio finito e qualcuno di noi continuerà ad organizzare iniziative insieme. Continuerà a vivere lo Shiatsu come un dono, le proprie mani come un dono. Perchè è proprio questo alla fine, un dono.
Tutti noi ci siamo capitati per caso, chi per noia, chi per accompagnare un amico, chi per cercare di capire meglio se stesso. Ma alla fine ci siamo innamorati, delle nostre mani e di quelle degli altri, della pressione, della possibilità di entrare in contatto con un'altra persona e coglierne gli aspetti davvero salienti, quelli più importanti, quelli più eterni.
E come ben dicono i miei compagni di viaggio, per me in particolare è stato un innamoramento folle, sono "un'invasata di Shiatsu" e per vari motivi. Perchè lo Shiatsu è luogo dove l'empatia regna sovrana e operatore e ricevente sono liberi di essere. Dove l'attimo si fa eterno, capace di cogliere una scintilla di Universo. E' il territorio del Sacro e del Divino, dell'essere.
Ed è per questo che il mio viaggio continuerà ancora, sempre con Franco e con lui studierò i canali principali, dalle origini all'epoca Song. Per approfondire delle linee e dei punti che già conosco e "bazzico" ma che ogni volta sono capaci di stupirmi, per tutte le risorse che nascondono e che fioriscono con una semplice pressione.

mercoledì 3 giugno 2009

La cultura dell'effimero

Ho letto il post di un amico, un pensiero di Paolo Longoni: "Internet è una rete che unisce milioni di solitudini". Mi ha fatto pensare, perchè è una frase vera, ma quanto lo è in realtà e quanto le persone vogliono essere sole? Perchè ogni tanto non escono, non si mettono in gioco?
Parliamo attraverso posta elettronica e bacheche virtuali, anche se stiamo a pochi chilometri di distanza. Ormai non usiamo più nemmeno il telefono, preferiamo gli sms.
Mi ritorna in mente il film "Gattaca", la perfezione e i figli dell'amore. Una perfezione che non può esistere se ciò che ci rende umani è il nostro limite (ma è anche ciò che ci fa unici), e un amore che è contatto, occhi dentro ad altri occhi, parole dette e non scritte, ascolto. Ma uscire e mettersi in gioco, vuol anche dire scoprirsi, togliersi ogni abito (ormai sono tutti un po' smessi) inventato, ogni ruolo giocato. Ed essere, farsi coinvolgere anche, partecipare. Essere.
Io non sopporto questa cultura dell'effimero che dilaga. E' più forte di me, non ci riesco. In questo periodo poi, di campagne elettorali cavalcate selvaggiamente e a pelo, non c'è parola che meriti questo nome.
Non esiste più nulla di reale, concreto, le persone trascorrono gran parte del loro tempo in rete, una rete che spesso intrappola anzichè accorciare le distanze. Che dà emozioni effimere e sogni ancor più effimeri. Sogni e desideri che svaniscono nel post successivo. Come fossero una grande bugia, ma allo stesso tempo come se ci dessero la forza di rimanere dove e come siamo. Come se cambiare fosse un delitto, un peccato da scontare. Come se, cambiare per il meglio, non fosse più un anelito umano, ma qualcosa da nascondere, un istinto primordiale da reprimere. Una rete che non lascia spazio se non al ritornare di un sentimento di solitudine che si fa sempre più vasto e che, quasi ogni giorno ormai, percepisco sotto alle mie mani.

domenica 17 maggio 2009

Emozioni e sentimenti

Ultimamente ho sentito parlare molto di emozioni e sentimenti, di verità, di cose dette e non dette. Ultimamente mi sono trovata a "giocare" con questa questione, in diversi modi, facendomi anche un po' male. E quindi mi sono fermata a pensare. Era una cosa dovuta.
Il percorso verso la consapevolezza non è facile, nè agevole e per molti è davvero impossibile. Come shiatsuka mi trovo spesso alle prese con le emozioni degli altri, con il loro dolore e accolgo. Ma cosa sto accogliendo in realtà? La loro voglia di non sentirsi più soli.
Perchè alla fine questo è quello che chiedono tutti, di essere presi in carico, che una persona si prenda cura di loro e dia loro calore, affetto, un abbraccio, una coccola, un po' di amore. Anche se spesso qualcuno si trova in imbarazzo, teme coinvolgimenti che non ci sono in questo caso: un operatore è un operatore è presente con il suo cuore e contatta, ma rimane un terapista, per cui in un certo senso distaccato. Più che altro è la sua mente che è "pulita" e non si lascia intrappolare nel giudizio. Anzi lo sospende.
Questo modo di fare, se applicato più in generale, porta ad un ampliamento della percezione. Se sospendo il mio giudizio su cose e persone, sulle situazioni che sto vivendo e respiro, cercando di farlo più profondamente possibile, ovvero dai miei piedi, ho una percezione esatta e ampia.
Le emozioni ci spaventano perchè coinvolgono e diventano sentimento che potrebbe indurci a cambiare qualcosa nella nostra vita. E sia l'emozione che il sentimento vanno nutriti e quindi richiedono un certo impegno. Il più delle persone inconsciamente si sofferma proprio su questo, sulla fatica del vivere le emozioni e sull'impegno che chiedono e, anche sul probabile, dolore futuro. E quindi preferiscono non viverle, razionalizzare tutto. E magari stordirsi di quotidianità, provando solo le piccole emozioni che muoiono in fretta, che non si tramutano in sentimento, che non richiedono impegno, nè sforzi. Si consumano in fretta. In perfetta e piena logica consumistica quale il nostro vivere e la società che abbiamo creato ci hanno abituato.
Ma quando quelle stesse persone sono distese sul futon, quello che si sente è un profondo senso di solitudine. La voglia di ritrovarsi, in quanto fratelli, in quanto simili e sentirsi meno soli. Ma per questo occorre l'emozione. Ci sono riceventi che la combattono, hanno paura di legarsi troppo a me. Un legame è inevitabile, io entro in contatto con l'altro attraverso il tocco e cosa c'è di più initimo del tocco? E' lo stesso tocco della madre che abbraccia il figlio. Ma è lo stesso tocco della madre che lascia andare il figlio verso la sua vita.
Alcuni invece si lasciano andare e vogliono percorrere fino in fondo il percorso di consapevolezza che lo shiatsu comunque dà, anche se il ricevente non vuole accettare l'idea. Alla fine quello che conta è il nostro benessere, ma che ci piaccia o no, ci arriviamo solo attraverso le emozioni e i sentimenti.
Solo che ci vuole coraggio e determinazione, ce ne vuole per essere consapevoli di quale sia la nostra strada, quale sia il traguardo reale che vogliamo raggiungere. E seguire il percorso anzichè preferire il non vivere, adiagiarsi in piccoli sogni e stordirsi di gesti per non sentire nessun segnale di disagio. Perdendosi anche il bello delle emozioni e dei sentimenti, l'adrenalina, lo stare bene e il sentirsi soprattutto vivi. Smettendola anche di far soffrire, seppur inconsapevolmente, chi da sempre ha scelto invece di vivere.

lunedì 4 maggio 2009

Giochi di parole

Eppure dovrei conoscerle
le frequento da sempre
ho dato loro forma
e diversi linguaggi
Non hanno segreti per me
le monto le smonto
le uso e le invento
Ma ci sono giorni
in cui le parole
si fanno sirene
che cantano sul mare
tessono tele di ragno
per intrappolare sogni
Ci casco dentro
e mi ci avvolgo
mi faccio cullare
E non ricordo più
che dovrei invece saperlo
solo sentendo l'odore
lasciando alle mani
e a gesti più veri
la capacità di parlare

lunedì 20 aprile 2009

I meravigliosi



Così vengono definiti da taluni i canali straordinari. E lo sono davvero, meravigliosi. Sono il nostro Cielo anteriore e posteriore e il collegamento tra i due. Trattarli vuol dire attingere alle energie più profonde della persona, ma a mio avviso non significa "raschiare i fondo del barile", come i punti Yuan, si arriva alla profondità, non alla riserva di una persona. Per cui non si consuma nulla. Ma si dà invece una spinta per ripartire.
Dove non arriva il trattamento tradizionale, il canale ordinario, arrivano i punti Yuan, le combinazioni di punti e gli straordinari. Toccarli, attivarli, trattarli è come arrivare alla parte più profonda della persona, al suo "nocciolo".
Sono meravigliosi perchè sono purezza assoluta, si sganciano da ogni convenzione sociale o culturale che ci ha trasformato per ritornare all'origine, alla nostra origine. Un po' come accade nella meditazione secondo la quale la posizione raccolta e al contempo eretta aiuta a ritrovare il proprio centro e a superarlo per toccare un po' di Cielo. Quel Cielo da cui parte la scintilla vitale e a cui vi ritorna. Quel Cielo così Yang che si unisce alla potenza Yin del Jing per formare la Terra, ovvero l'Uomo, il suo Qi. Quell'energia che circola in noi e che non è altro che un microcosmo, specchio del macrocosmo.

domenica 5 aprile 2009

L'amore ai tempi di Facebook



Ironico, divertente, chiaro e specchio di tutti noi. Questo è in sintesi il libro di Mattia Carzaniga e Giuseppe Civati presentato sabato 4 alla Locomotiva di Vimercate. Gli autori hanno illustrato il testo e la sua genesi, "le lunghe notti trascorse a chattare", incalzati dalle domande del vicesindaco cittadino Roberto Rampi. Il pubblico ha risposto all'invito lanciato sullo stesso Facebook con la sua presenza.
Un testo curioso dove ritrovarsi, scritto in modo semplice ma con diverse citazioni (molte perfino in inglese, grazie alla mania anglofona del giovane Carzaniga) per gli amanti del genere. E con una prefazione di Walter Veltroni.
Facebook sta spopolando e lo conosciamo tutti. Siamo iscritti e lo bazzichiamo, chi per qualche ora, chi per la pausa pranzo, chi per l'intera giornata. E pure per la notte. Abbiamo amici, curiosiamo tra le loro foto e commentiamo il loro status. Cogliamo le loro sfide e mandiamo loro un abbraccio. E' un bel gioco, come fosse un grande bar dove ritrovarsi e scambiare quattro chiacchiere. Ma è anche un luogo virtuale di incontro e d'amore. Sì, d'amore la passione più intensa, quella che ci fa perdere la testa e la razionalità. Quella capace di farci vivere più intensamente e più a lungo. Quella che andiamo sempre cercando, anche se spesso ce ne vergognamo. Un amore virtuale, non necessariamente, nè sempre vero. Ma non un amore rigorosamente carnale e tra i sessi. Un amore generale per le cose, per la condivisione, per i contatti, per la politica e per il sociale, per le cause vinte e perse e per i giochi. E' vero che Facebook è il luogo del non impegno, del "mi faccio vivo io", del "forse parteciperò" come dicono gli autori. Ma è anche un luogo dove scambiarsi opionioni e far circolare informazioni, uno strumento capace di superare la nostra mancanza di tempo e anche i confini geografici che ci allontanano.
Un libro fresco, da leggere proprio davanti alla tastiera, davanti a Facebook. Perchè gli autori sono stati capaci di osservare dal di fuori quello che noi frequentatori facciamo abitualmente, magari senza pensarci. Una cosa è certa, come hanno ben sottolienato Carzaniga e Civati: in un periodo dove ognuno di noi è preso solo da se stesso e dal poco tempo che ha, Facebook diviene il luogo dell'ironia e della sdrammatizzazione. Perchè prendersi troppo sul serio non è mai una cosa buona e non fa bene, nè a noi stessi, nè al mondo.

giovedì 2 aprile 2009

Potenza dell'intenzione!


L'intenzione dell'operatore sta contemporaneamente nel cuore, nella mente e nelle mani.
Sta nella mente perchè lì ha sede il processo di apprendimento della tecnica, sta nelle mani che hanno una memoria corporea e nel cuore, ovvero nell'esserci "qui e ora" dell'operatore.
L'intenzione è un meccanismo piuttosto potente che non solo dà una direzione al trattamento attraverso la volontà dello shiatsuka e la sua postura, ad esempio la posizione delle mani verso, ma indica anche la scelta: ogni punto ha diverse funzionalità e a seconda dell'intenzione che dò scelgo quale funzione voglio che svolga.
Tutto questo accade però in modo piuttosto automatico. Non c'è quindi preponderanza della mente nell'agire dell'operatore che segue e utilizza una tecnica appresa, ma dimenticandola. Lo spirito guida dell'intenzione è quindi il Po, ovvero la nostra memoria corporea, filogentica e abitudinaria. Per intenderci, è la stessa intenzione che uso nel camminare: so perfettamente che appoggio prima la pianta di un piede a cui faccio seguire l'altra. Ho imparato a farlo da piccolo, cadendo e rialzandomi con la presenza o meno di un adulto che mi ha agevolato il percorso. Ma non ci pongo attenzione, lo faccio automaticamente. Con la volontà però di essere presente a me stesso e al mondo.

sabato 28 marzo 2009

Dignità autonome di prostituzione

Molto più che un multisala teatrale. "Dignità autonome di prostituzione", lo spettacolo di Luciano Melchionna in scena al Pierlomabardo di Milano, è un collage geniale di teatro interattivo, dove lo spettatore viene letteralmente trascinato, anche il più timido e schivo, a partecipare in prima persona alla recitazione.
Immaginato in un bordello, dove in ogni camera si svolge un monologo, è uno spettacolo che alterna la comicità alla drammaticità dei testi. Piece che fanno riflettere magistralmente portate in scena, o meglio in "camera" da attori di alta qualità e vero talento. Un giorno solo non basta per vederlo tutto, a partire dal fantastico cantante che apre la scena del bordello e che va avanti, brano dopo brano, intonazione dopo intonazione, per oltre tre ore. Sono più di 23 quadri ai quali lo spettatore è invitato a partecipare.
La genialità di questo spettacolo è quella di aver creato un'atmosfera familiare, calda e comica, coinvolgente. Capace di avvicinare lo spettatore al teatro, a quello vero, di qualità. E di renderlo partecipe anche, seguendo quello che Paolo Rossi aveva sognato qualche anno fa. Il fil rouge è l'ambientazione che fa camminare lo spettatore per tutto il teatro e durante le attese e le contrattazioni, entra in relazione con ogni personaggio e quindi con ogni attore che si muove all'interno di questa casa chiusa immaginaria e va a cercare il proprio pubblico. Non ci sono palcoscenici, nè divisioni, ma semplici stanze e sedie dove ammirare questi istrionici artisti. E non si pensi di poter uscire facilmente dal teatro per una sigaretta, occorre prima mascherarsi da "verginelle" e mettersi sul capo un velo bianco. Questo attira i curiosi che sono in strada, iniziano a porsi domande. Ed è proprio la curiosità, la molla che fa scattare il pubblico. Ogni sera ci sono oltre 200 presenze, c'è chi torna anche il giorno dopo, per vedere tutto. Chi è stato alla performance romana di un anno fa e che adesso si gusta quest'atmosfera milanese.
Assolutamente da non perdere poi il gran finale di famiglia, al piano terra, proprio vicino al bar dove ogni sera le danze partono e gli spettatori non se lo fanno chiedere due volte: iniziano subito a ballare.