martedì 16 luglio 2013

Il sogno ci salva dalla vita

Murakami Haruki – La ragazza dello sputnik – 216 pagine. Einaudi


Se la vita si fa insopportabile il sogno ci viene in aiuto. E' questo l'assunto principale di questo libro di Murakami, scrittore giapponese piuttosto amato in Italia per la sua capacità di incantare il lettore in una serie di avvenimenti che spesso utilizzano il linguaggio onirico.
E' una storia di intrecci e situazioni che si complicano per i tre personaggi principali, la voce narrante, un insegnante innamorato di Sumire che vuole diventare scrittrice ma che inciampa nell'amore per Myu una donna sposata che è divisa a metà, perchè 14 anni prima ha avuto una esperienza di sdoppiamento della personalità mentre si trovava su una ruota panoramica. Sumire la soprannominerà “la mia ragazza dello sputnik” per un gioco di parole e fraintendimenti su un romanzo del quale le due donne parlano quando si incontrano. Ma lo sputnik diventa anche l'emblema dell'uomo: un satellite solitario che a volte incontra altri satelliti ma che ne rimane distante, “come se la terra si cibasse delle nostre solitudini”.
E' un libro dei segreti anche, dove la comprensione altro non è che una serie di fraintendimenti che ci portano a capire gli eventi. Causa ed effetto sono considerati inscindibili come il contenuto e la forma e questo genera confusione. Il linguaggio risente delle suggestioni pop e dell'arte urbana.
Lo scrittore giapponese ci porta dritto verso una domanda complessa e semplice al contempo: ci si perde o ci si trova strada facendo? La storia si presenta come intricata, piena di colpi di scena dove diversi livelli e piani di esistenza convivono. Gli eventi traumatici portano ad uno sdoppiamento, che non è quello concepito dalla disciplina psicologica, ma che è piuttosto un vivere su due piani diversi, al di là e al di qua di uno specchio. La dimensione del reale convive con quella del sogno e forse la soluzione ad una vita che si fa opprimente e che non ci permette di realizzarci appieno è proprio questa sorta di fuga nella dimensione del sogno, dove possiamo vivere liberi da ogni condizionamento o trauma che limita i nostri movimenti. Murakami dà alla luna, più precisamente alla luce della luna piena, il potere di accesso ad entrambe le dimensioni, intese in ultima analisi come morte e vita che sono indissolubilmente legate tra loro. Un tema ricorrente in questo scrittore, che narrando sembra cercare una risposta che non dia al distacco il senso di lacerazione, ma piuttosto di integrazione. Sumire sparirà ad un certo punto della storia, perchè entrerà in un'altra realtà, quella del sogno e il narratore continuerà ad amarla e in un certo senso ad attenderla. Ma anche nella telefonata finale dove la ragazza dirà con gioia “sono tornata” ad un certo punto la linea cadrà e il lettore rimarrà sospeso in un finale che lascia a lui la scelta: quella telefonata può segnare un reale ritorno oppure può essere un semplice sogno del narratore. Come se Murakami, sorridendo suggerisse ai lettori di prendere il sentiero che più sentono idoneo al loro essere, come se ognuno di noi fosse libero di scegliere, tra veglia e sogno, la dimensione nella quale vivere. Quello che appare chiaro invece è questo stimolo pererenne all'autorealizzazione, ad uscire di scena, ovvero a trovare la propria dimensione di vita, quella che ci permette di essere veramente liberi.

Bianca Folino


venerdì 12 luglio 2013

Un volo di cielo


Segui il tuo respiro
lui ti porterà giù
in un viaggio remoto
dove non c'è luce
Ma attraverso il buio
scoprirai i colori
che fanno così belli
i tuoi occhi che non vedi
Tu non lo sai
ma quelle trasparenze
sanno di mare
che increspa le onde
ne muta le forme
fino a farle essere
ali pronte a spiccare
un volo di cielo


giovedì 11 luglio 2013

Voce di sirena


Non sarà il silenzio
a fermare il passo
che svelto procede
non certo per timore
Stringerò l'indifferenza
e tuffandola nel mare
l'affogherò nel fondo
senza lasciare tracce
Ringrazierò la luna
per la sua luce
che attrae le onde
come fosse un canto
Ascolterò le sirene
senza mai seguirle
e dalla loro voce
tirerò fuori storie

sabato 6 luglio 2013

Quella scrittura che salva la vita

Reinaldo Arenas – Arturo, la stella più brillante – 78 pagine. Cargo edizioni

Questa è poesia in forma di prosa. Non c'è alcun dubbio e devo sottolineare come questo scrittore, scomparso a New York nel '90 a causa dell'Aids, esule da Cuba, sia stato frainteso. Questo è un breve racconto dedicato all'amico dello scrittore cubano, Nelson Rodriguez Leyva, internato nei campi di concentramento per omosessuali conosciuti ufficialmente come campi di aiuto alla produzione agricola. Spesso si è detto che Arenas sia stato perseguitato perchè scrittore, in realtà lo è stato in qualità di omosessuale, mai accettato da una società che solo oggi sta diventando meno omofoba, e non solo a Cuba direi. Non è tanto il regime in sè che Arenas critica (ricordiamo che da giovanissimo si era unito ai ribelli durante la rivoluzione), ma i metodi usati da questo regime per reprimere l'omosessualità, ovvero le incarcerazioni immotivate e il famoso “confino” degli anni '80, con il quale Castro si è in un certo senso liberato da quelle persone considerate malate di mente o, appunto, omosessuali. Del resto tante cose sono cambiate dalla caduta del muro, dal '90, anno della scomparsa dello scrittore cubano.
Arenas è un ribelle e per questo si oppone a chi vorrebbe farlo vivere in un altro modo, a chi vorrebbe che scrivesse altre cose, più che altro che fosse un'altra persona diversa da quello che è. Non vuole definizioni, nè schemi o suggerimenti di vita. Del resto ognuno di noi è unico e non tutti riescono ad uniformarsi a schemi imposti o vogliono essere definiti.
In questo racconto, non viene utilizzato affatto un linguaggio barocco, così come qualcuno ha detto, piuttosto si tratta di poesia pura in forma di prosa. Ermetica a volte, e non afferrabile da subito. Ma procedendo nel racconto, il lettore si accorge che c'è un gioco, quello tra la realtà e il sogno, anche ad occhi aperti. Il modo di Arenas per poter vivere è quello di “costruire”, ovvero immaginare una realtà parallela nella quale si è liberi di essere chi si è, senza nessun limite. E, soprattutto, attraverso la scrittura la vita diventa più sopportabile.
E' in questa realtà parallela che appaiono gli scherni anche della sua famiglia di origine, perchè la sua omosessualità non è accettata nemmeno dai fratelli o dalla stessa madre. E al contempo lo scrittore cubano si identifica nell'amico Nelson tanto da far diventare questo racconto ricco di particolari autobiografici, come se Arenas si trasformasse in Nelson, ovvero in Arturo.
Ma non è solo il regime a non essere accettato dallo scrittore che non si vuole uniformare a nulla, anche gli stessi omosessuali compagni di prigionia lo obbligano a “mossette e urletti, a sculettare e ballare” e lui sente tutto questo come artificioso, come se ci fosse uno schema da seguire nel vivere e nel comportarsi, solo perchè si è omosessuali. Del resto esistono paesi, sicuramente non più a Cuba, dove ancor oggi gli omosessuali vengono perseguitati pesantemente, come per esempio in Jamaica.
Alla fine del libro c'è una lettera nella quale Arenas spiega che l'Aids gli impone di togliersi la vita perchè non gli dà più modo di lavorare, ovvero di scrivere. Almeno in Usa nessuno lo ha perseguitato per i suoi gusti sessuali diversi, si è sentito libero, ma pur sempre esule, lontano dal paese nel quale avrebbe voluto vivere. La chiusa della lettera è molto chiara: “Esorto tutto il popolo cubano a lottare per la libertà. Il mio non è un messaggio di sconfitta, ma di lotta e speranza. Cuba sarà libera. Io lo sono già”, perchè è proprio nella morte che si realizza quella libertà di essere che appare qui tracciata dai sogni ad occhi aperti fatti da Arturo. Essere liberi di essere chi si è, senza per forza sentirsi diversi, un diritto di ogni uomo, una battaglia che ancora oggi si gioca su diversi fronti e in diversi paesi.

Bianca Folino

giovedì 4 luglio 2013

L'illusione


Quando le cose
sono sottomano
inizi ad ignorare
illudendoti di
sapere tutto
Ogni piega
e sfumatura
di un filo di seta
che percorre
strade tortuose
movenze di stoffe
e cadenze di luce
Come se fosse
certo che il sole
domani e dopo
splenderà ancora

mercoledì 3 luglio 2013

Ritmo di cielo


Piccole conchiglie
orfane dei loro paghuri
riflettono l'eco dell'onda
perfettamente consce
di ciò che regola l'universo
quello che ci portiamo
sulla pelle che vibra
Metto le mani in tasca
e tiro fuori i ciottoli
non per divinazione
sono attimi vissuti
Preziosi momenti
quando all'improvviso
occhi stanchi si tuffano
in altri che sanno di mare
per ritrovare meraviglie
e quel ritmo di cielo
che ci governa