giovedì 29 gennaio 2009

Guardando il Cervino

Il granito compatto
si fa scivoloso
come un'emozione mancata
Un pensiero non risolto
riaffiora all'orizzonte
nelle nuvole di fumo
lasciate languide
dall'ultima sigaretta
Crepacci di parole
lame affilate e sottili
che penetrano piano
per lì rimanere
A che serve sapere
per poi negare con forza?
La mente allora
si impone violenta
senza nessun perdono
Scaccia ogni ombra
o segno di ricordo
per rimanere rigida
compressa di dolore
Anche se
quella luce accesa
era solo per me

lunedì 26 gennaio 2009

La prima contaminazione





Shiatsu e scrittura creativa, domenica 25 gennaio alla sede della Tam Tam di Monza.
E' stato lo start up dell'associazione, la prima uscita ufficiale. Qualche defezione, come è sempre prevedibile, ma la giornata (dalle 10 alle 17) è stata davvero fantastica, con dieci partecipanti che dopo "aver rotto il ghiaccio" si sono messi in gioco. Si sono anche divertiti, lasciati coinvolgere dall'onda. E alla fine, quando tutto sommato e nonostante ogni resistenza social-culturale ci si lascia andare, si sente. Si sente proprio tutto.
Senti te stesso e anche l'altro, il gruppo. Senti la forza del tocco, ma anche quella della scrittura. Tutti hanno scritto, hanno tirato fuori quello che hanno vissuto. E' stato molto bello e anche intenso. E' stato bello vedere gli occhi dei partecipanti che si illuminavano, per poi tornare a concentrarsi. I loro visi riassumevano perfettamente quello che stavano provando, mentre sperimentavano il tocco e la scrittura.
Punti in comune tra shiatsu e scrittura ce ne sono diversi, a partire dai simboli fino alle performance della avanguardie degli anni '60. Sono due modi diversi di esprimersi, due modi terapeutici, ma entrambe richiedono almeno due attori. Li abbiamo esplorati e ci siamo esercitati sul modo di prendere energia, sul modo di sentirla nell'altro. Da noi stessi fino agli altri. Per arrivare ad un trattamento completo, o quasi e alla scrittura di ciò che si è provato, alla verifica della bolla d'empatia tra operatore e ricevente.
Bello e commovente ascoltare i commenti dei partecipanti: "E' stata una sensazione bellissima" riferita al contatto con un altro corpo, o "tra di noi si è creata una bolla che ci inglobava fino al collo" per due persone che non si erano mai trattate prima.
Certo sono argomenti che meriterebbero un approfondimento, ma questa prima giornata mi è piaciuta parecchio, come gli occhi dei partecipanti che si illuminavano.

venerdì 23 gennaio 2009

Un Maestro cavo e vuoto

Un maestro dovrebbe essere davvero "cavo e vuoto", come recita la storiella Zen.
Ma così, non capita mai. Quasi sempre si incontrano insegnanti, attenti a che l'allievo non li superi. Anzichè provare la soddisfazione di aver fatto un ottimo lavoro, restringono la mente in ciò che sanno di sapere e cercano di trasmettere. Come genitori inconsapevoli che crescono i figli senza nessun progetto. Raccolgono ciò che seminano lamentandosi di quanto sia strano e cattivo il mondo. Ma alla fine il mondo siamo noi.
C'è una bella differenza tra insegnanti e Maestri.
Un Maestro è un punto di riferiemento per la stessa vita. Non insegna semplicemente quello che sa, accompagna l'allievo nel percorso fino a quando non raggiunge la sua indipendenza. Non è geloso di ciò che conosce e condivide davvero.
Anche sulla condivisione ci vorrebbe un trattato. Tanti dicono di voler condividere, ma condividere non è esattamente dire agli altri, mostrare loro, quello che si sa, le proprie abilità. "Guarda come sono bravo, ti insegno a diventare come me", non è proprio così. Condividere vuole dire dividere con, ovvero io dò informazioni e sapere agli altri che lo arricchiscono molto spesso con il loro contributo. Perchè il Maestro, quello vero, senza nessun manuale, è capace di riconoscere le differenze individuali che ci fanno così preziosi.
Il nostro vivere quotidiano, la società che siamo stati capaci di creare (incapaci sarebbe la parola più appropriata) non lascia spazio alla condivisione, nè ai Maestri che possono apparire deboli. In realtà sono "cavi e vuoti" e quindi tu li senti, anche se non li vedi. Ora sono qui e ora lì. Sfuggono ad ogni definizione, ma sono sempre presenti.
In un certo senso vuol dire assumere anche il punto di vista dell'altro, mischiarsi, contaminarsi con il mondo per non chiudersi nelle false certezze del non sapere. Un Maestro sa perfattamente di non sapere e per questo ha bisogno degli allievi. Però non li teme, perchè se sono al suo cospetto è perchè hanno bisogno di lui, almeno per un po'. Come un buon padre è capace di lasciar andare, di stimolare e far crescere e poi lasciar andare, consapevole che rimarrà per sempre nelle loro vite. Ma non sarà le loro vite, e non avrà la presunzione di vivere per loro. E quando l'allievo lo supererà, sempre che ci riesca, sarà il vero successo del suo fare. Perchè la via del fare è l'essere.

mercoledì 21 gennaio 2009

La nave di neve


Questo è un piccolo regalo per il quartiere di via Lambro a Lesmo.
Quando nevica un signore che abita nella via costruisce qualcosa, una volta un grande pupazzo, un'altra volta un personaggio bianco, per i bambini che vivono qui. Quest'anno ha deciso di costruire una nave, con tanto di mare su cui è poggiata. Sembra una barca da crociera. La bassa temperatura la mantiene intatta come il giorno in cui è stata realizzata. E' bellissima ed è un ricordo della piacevole nevicata di quest'anno che ha bloccato tutti e tutto per un paio di giorni.

lunedì 19 gennaio 2009

Parole libere in forma di poesia


Questo è l'addome di Masunaga. Elaborato da me naturalmente. Ho passato qualche mese a cercare i punti in comune tra Shiatsu e scrittura, partendo da una mia poesia visiva che sembrava scritta per il mio shiatsuka. E questo è stato il risultato, la sintesi della mia indagine. Punti in comune ce ne sono molti, per due forme espressive, una più mentale e l'altra più corporea, che vogliono essere una maniglia per aprire la porta dell'Universo.
Mi piace sentire il rumore che fa il pennino sul foglio di carta. Ho elaborato questa tecnica di poesia visiva molti anni fa e trovo sia un lavoro rilassante. Ascolto musica e intanto scelgo il colore della china da usare, sostituendo le parole al segno. In questo caso ho scelto termini della medicina tradizionale cinese, qualcosa che riportasse alle teorie di Masunaga in proposito. Ovvero sulla diagnosi energetica dell'addome.
Alcune volte è l'immagine che ispira la poesia, altre invece sono le parole che ispirano il disegno. Va prima di tutto vista nel suo insieme, non va codificata. Anni fa ho fatto una mostra dei miei lavori e tutti chiedevano da che parte iniziare a leggere. Non c'è un senso, si può partire da dove si vuole. L'immagine e la semantica vanno colte come fossero un unico aspetto. L'interpretazione è spesso un'operazione soggettiva che talvolta si discosta, e di molto, dalle intenzioni dell'autore. Ma non importa perchè il processo letterario, la creazione, vuole due attori: scrittore e lettore. Come nello shiatsu, dove c'è un operatore e un ricevente.

venerdì 16 gennaio 2009

Guerrra e pace

C'è un fermento sulla guerra in Palestina. Tutti hanno da dire la loro, tutti riscoprono le bandiere della Pace, tutti vanno a ricercare le origini del conflitto. Per non parlare dei colleghi giornalisti che si schierano per una stampa al di sopra delle parti, obiettiva eccetera, eccetera, eccetera.
Come se quel conflitto non fosse cosa nota a tutti! Se ne parla da oltre 30 anni e io sento ancora ripetere le stesse cose, le stesse teorie, gli stessi appelli alla Pace.
Come se fosse l'unico conflitto in atto nel mondo.
E le altre guerre dove le mettiamo? E i Governi che continuano a finanziare quelle che chiamano missioni militari (questa è più che una contraddizione) di pace dove li mettiamo? La mia bandiera è fuori sul balcone ed è completamente sgualcita, strappata nel mezzo. Perchè così è la Pace, sgualcita e strappata nel suo stesso cuore. Perchè l'opinione pubblica e la stampa non si scandalizzano mai abbastanza di fronte a tutti i conflitti che sono in atto nel mondo e perchè la Pace non riesce a trovare voce per essere ascoltata.
Senza Pace, tutti gli altri diritti-valori spariscono. Perchè la guerra toglie dignità, vita, possibilità e orizzonti futuri. Piega una nazione nel suo domani, perchè colpisce soprattutto donne e bambini. "Danni collaterali" di un modo battagliero di risolvere i problemi (molto spesso sono problemi economici di una nazione, o interessi economici di una sull'altra). Un modo che la nostra Costituzione condanna all'articolo 2.
Ma ormai anche la Costituzione viene presa in considerazione quando qualcuno può trarne qualche vantaggio politico. Per il resto viene negata nel suo significato più profondo. Perchè è scomodo avere il coraggio di dichiarare la Pace e ritirare le truppe. "Dobbiamo rimanere nella Nato"!!!
Certo e il prezzo di questa assurda permanenza lo pagano donne e bambini. Quelle stesse donne e bambini a cui viene negato un futuro, oltre che un presente decente. E allora perchè indignarsi adesso perchè la stampa sembra voler negare le radici di quell'odio profondo che divide Israele dalla Palestina? Perchè indignarsi degli strumenti che vengono utilizzati per vincere? Nella guerra ci sono sempre vittime civili e il fatto che la televisione non le mostri, non vuol dire che siano operazioni "pulite". La guerra è da sempre inutile e lo dice prima di tutto chi l'ha vissuta sulla propria pelle, anche se non è ascoltato. Non è mai giusta o utile per risollevare un paese, non è mai uno strumento di pace. E' conflitto e negazione dell'Uomo, della sua dignità della sua evoluzione.
Ma il business che ci gira intorno non porterà mai alla Pace.

mercoledì 14 gennaio 2009

Esercizi

Il libero fluire del Qi è importante, soprattutto per uno shiatsuka. Ogni mattina effettuo alcuni esercizi per mantenere le mie articolazioni libere da blocchi e per far scorrere l'energia all'interno dei canali, così come prescrivono gli stiramenti di Masunaga.
Lo faccio per me, perchè i ristagni ci sono sempre, piccoli blocchi qua e là di energia o emozioni che non circolano liberamente. Faccio seguire alcuni esercizi di Qi Kung, per armonizzare ancor meglio il libero fluire del Qi.
E' importante dal mio punto di vista, cercare di mantenersi in uno stato di benessere, per poter operare sugli altri. Per una relazione d'aiuto efficace, ho bisogno di stare bene. Questo non vuol dire che i miei trattamenti non siano suscettibili di errore, tutt'altro. Ma per chi come me, soffre di dolori reumatici e altre piccole magagne, lo stato fisico e quello mentale procedono davvero su uno solo binario. E se la mia energia deve "curare" l'energia dell'altro, è fondamentale sentirsi bene.
Gli esercizi aiutano anche la stabilità delle mie posture durante i trattamenti e assicurano muscoli piuottosto sciolti. Non richiedono più di un quarto d'ora al giorno.
E se davvero il ricevente è il territorio del Sacro, io ho il dovere di eseguirli, di mantenere il libero fluire del mio Qi, di essere a posto, comoda e di stare bene, per poter prendermi in carico un'altra persona.
Sono importanti anche gli esercizi per le dita delle mani. Per mantenerle sciolte e per abituarle a movimenti fluenti. Sulle dita c'è lo scambio tra i canali Yang e Yin dell'alto, sulle dita c'è tutta la mia percezione del mondo, il mio relazionarmi ad esso.
Non è un gran sacrificio per un terapeuta.

lunedì 12 gennaio 2009

Riciclarsi

E quindi riparto da me, da quello che so fare. Non è facile alla mia età, ma voglio che questo sia davvero un anno nuovo. Dodici mesi di semina.
Ho scelto lo Shiatsu, o forse lui ha scelto me. Perchè da qui è partito il nostro amore, dal mio rallentare i gesti, imparare a respirare piano e con l'addome, imparare a lasciar correre i pensieri liberi, fino a svuotare la mente. Tutte cose che avevo già "assaggiato" in passato, ma che non trovavano uno sbocco. La chiave di volta sono stati gli altri, il loro benessere.
Riciclarsi a 45 anni non è facile, è faticoso. Rimettersi in discussione, cambiare, modificare percorso e anche destino. Il fil ruoge sono proprio le persone, il mio amore per loro è sempre esistito. Il mio interesse, la curiosità, la voglia di mettere a proprio agio, di ascoltare, di apprendere, di conoscere.
Sono stanca anche di sentire politici che parlano di flessibilità e precarietà, di giovani precari, di errori commessi sempre da altri. Non c'è mai la precisa volontà di fare qualcosa di concreto, magari di banale e piccolo, ma concreto. Ci sono solo i proclami e intanto quei giovani precari sono invecchiati e hanno tutti la mia età.
Io volto, giro pagina, scendo alla prossima fermata. Per rimanere, riciclata sì, ma sicuramente molto più sostenibile rispetto al mondo e alle persone. Molto più etica.

venerdì 9 gennaio 2009

I giovani?

Già, ma cosa dire davvero ad un giovane allo start lavorativo della propria vita?
E cosa dirò ai miei figli? I miei cuccioli sono abituati ad una situazione di precarietà, il grande ogni tanto mi prende in giro e scherza sulla situazione. La piccola non ha ancora le idee ben chiare tra desideri e professionalità, ma tutto sommato sanno cosa significhi avere un lavoro precario.
Io ho cercato di fare sempre qualcosa che mi piacesse, qualcosa che mi desse una qualche soddisfazione, al di là dello stipendio. E per un po' la cosa ha funzionato, o meglio amavo il mio lavoro tanto da ingoiare ingiustizie e cose che non andavano. Ma alla lunga....non so se davvero oggi il segreto sia "fai quello che ti piace". Forse sì, se ti permettessero di farlo.
Io a loro dico solo che se vogliono fare qualcosa di interessante, devono mettere in conto che dovranno lasciare questo Paese, che dovranno andare all'estero. Non perchè all'estero le cose vadano meglio, ma solo perchè almeno è possibile. Per esempio, la ricerca che qui da noi è bistrattatta. Noi formiamo ottimi ricercatori, paghiamo per loro gli studi e poi li lasciamo andare via. Gli Istituti di ricerca italiani non hanno soldi nemmeno per acquistare il materiale di base, figuariamoci per il resto. E la ricerca legata alle aziende, quando è in campo etico e non riguarda la vivisezione o la sperimentazione su animali (che condanno fino all'ultima riga), è davvero poca. Ci sono pochi spazi per ogni cosa. E se anche hai delle idee, qui non potrai mai realizzarle davvero.
Ci vuole costanza, pazienza e tanta, tantissima determinazione.
Quindi cosa dico ai giovani? A quelli che vogliono tentare con il giornalismo, negli ultimi anni ho sempre parlato chiaro: o conosci qualcuno o scordati di poter fare questo mestiere, ci vogliono anni prima di guadagnare qualcosa di decente e alcune volte non hai assicurato il lavoro per sempre. Non c'è pensione, nè malattia, nè indennizzi, nè rimborsi spese. Spesso, non c'è nemmeno la dignità del lavoro. Ma ormai sta diventando così ovunque.
Non c' molto da dire loro. Gli consegnamo quello che abbiamo creato. E la mia generazione ha creato davvero poco...

mercoledì 7 gennaio 2009

Sincronicità

Mi sembra piuttosto interessante. Dice Emanuele De Benedetti (www.enciclopediaolistica.com): "Due sistemi quantistici che hanno interagito almeno una volta non possono più essere separati. Alcune delle variabili fisiche che ne definiscono lo stato saranno sempre connesse tra loro, anche se i due sistemi vengono separati agli estremi opposti dell'Universo".
Talvolta capita anche tra le persone. Dice ancora Carlo Moiraghi: "Sincronicità rappresenta sguardi più ampi di qunto i nostri occhi oggi possano, rapporti più profondi, intimi, immediati, di quanto le nostre menti oggi sappiano. (...) Sincronicità è la luce che da fuori queste persiane filtra dentro e ci illumina. (...) E' luce e pure vedi il pulviscolo".
Illuminante direi. Talvolta capita davvero tra le persone. Senti una voce e, come un battito di ciglia, senti una vibrazione di risonanza con quella persona. La pensi e sai che lei ti sta pensando nello stesso istante. O forse sei tu che la chiami a pensarti. Anche in questo caso, nulla a che vedere con la magia, ma piuttosto con la fisica, in particolare con la fisica quantistica. Sull'enciclopedia olistica viene riportata una ricerca fatta in proposito. L'empatia portata ai massimi livelli, ancora fisica e non magia. Fisica dei quanti. La stessa che fa parlare Emilio Del Giudice di "risonanza" riferito ai rapporti interpersonali più evoluti.
Ogni tanto però la sincronicità va allontanata. Combattuta anche, per evitare che quella risonanza diventi distorsione della realtà. Devi metterla in un angolo. Capita, talvolta, che devi farlo, soprattutto con le persone...

Nevicate


Quest'anno la neve è davvero bellissima. Una pausa per tutti. Nessun rumore, tutto ovattato, calmo. Ogni tanto passa lo spazzaneve, ma i fiocchi continuano a scendere, ora fini e piccolissimi, ora grossi e carichi.




Erano anni che non nevicava così e il paesaggio si fa davvero bellissimo. La calma che c'è intorno è invitante. Il silenzio è riposante. E ogni tanto capita anche che la neve trasfiguri le forme, le renda più arrotondate. Eliminando ogni spigolo....

lunedì 5 gennaio 2009

Il lieto fine

Ci piace il lieto fine. Anche se sappiamo benissimo che non esiste, se non nelle storie.
Ci affanniamo a cercarlo andando sempre più lontano. Speriamo e in molti casi, davvero la speranza è l'ultima a morire. Contro ogni buon senso, contro ogni razionalità. Siamo tutti alla ricerca di una fiamma alla quale scaldarci un po'. Di qualche brivido che ci smuova, di un po' di entusiasmo.
E nella ricerca perdiamo la giusta prospettiva delle cose. E la stessa prospettiva di noi stessi, allontanandoci sempre più dal fuoco che avevamo acceso.
Un tempo credevo fosse masochismo, guardavo le persone e pensavo "ma come hanno la soluzione sotto agli occhi e non la vedono! Perchè si affannano così per non cambiare, per rimanere nella stessa situazione?". Ora credo che sia solo mancanza di consapevolezza.
La consapevolezza ci rende liberi, ma ha un prezzo che talvolta si chiama dolore. E' più facile rimanere dove si è, senza un singulto, spostare l'attenzione altrove anche se ogni tanto torna quella tristezza, quel "buco". Siamo capaci di farlo passare in fretta. Conoscere invece le origini di quell'ansia, di quel nocciolo di prugna che ti si conficca in gola è faticoso e non lenisce. Sai chi sei, cosa vuoi e dove stai andando. Ma questo non lo rende meno doloroso. Anche perchè non sempre riesci a raggiungere il traguardo.
Del resto, come si dice, conoscere il percorso non vuol dire esattamente averlo intrapreso.

venerdì 2 gennaio 2009

Il mio futuro "rubato"

Forse è proprio vero che precari si nasce. E quando inizi a lavorare senza un contratto continui a farlo, sembra quasi, in eterno. Alla fine non ci pensi più, alla maternità, alla malattia, alla tredicesima. Anzi quando ti trovi di fronte ad un rimborso fiscale (e capita spesso quando si è precari), ti sembra di aver preso la tua tredicesima, non sono tasse pagate in più, sembra quasi un premio.
Non ho potuto diventare scrittrice che era quello a cui tenevo di più. Scrivo praticamente da sempre, da quando ho l'uso della parola. Vedo e immagino storie in continuazione. Non sono certo Moravia o Pinter, ma la mia scrittura ha una certa dignità d'essere che non ha mai potuto trovare uno sfogo perchè senza pubblico, proprio non si può. La creazione letteraria è fatta da chi scrive e da chi legge, in un gioco di ruoli che si interscambiano. Diversi i romanzi che ho finito, ma diversi anche quelli lasciati lì, con la promessa di finirli un giorno, "quando avrò tempo".
Sembra assurdo ma ho iniziato a scrivere poesie perchè mi mancava il tempo appunto. Lo studio prima e il lavoro (precario) poi, non potevano giustificare i tempi lenti di una storia. La poesia era veloce e riuscivo ad ottenere lo stesso effetto, quello di comunicare il mio sentire, ma anche un messaggio in bottiglia (un po' come questi), un diverso modo di dipingere e ricreare la realtà.
Anche nel giornalismo, suppur diverso, ho dato. Certo, non sono mai stata Montanelli, ma ho tracciato e raccontato una parte di territorio, quello brianzolo. Con una certa dignità d'essere.
Si vede che tutto questo non bastava.
E quindi da giovane precaria quale sono, a 45 anni, ho di fronte a me un bivio. Devo scegliere, se crogiolarmi nelle cose che non sono andate bene o rimboccarmi le maniche e reinventarmi, partendo da me, da quello che so fare. Scelgo la seconda opzione.