sabato 29 giugno 2013

Piccoli punti


Più che alle parole
credo al sentire
delle mie mani
apparentemente cieche
ma capaci di cantare
Quei piccoli punti
quasi invisibili
sono come una mappa
che segna percorsi
Puoi negarne l'esistenza
ma loro sanno di te
Puoi far finta di nulla
e voltare la testa
Ma puoi anche
imparare ad ascoltarli

Tutto scorre ma niente cambia

Banana Yoshimoto – Amrita – 305 pagine

Feltrinelli editore


Amrita vuol dire l'acqua che bevono gli dei. Questo è il nome scelto dal padre della protagonista che si trova ad affrontare un viaggio all'interno di se stessa, dopo un incidente che le farà battere la testa e, dopo essere stata tra la vita e la morte, perdere la memoria. E' una storia complessa dove i personaggi sono spiritualmente molto ricchi e il dialogo interiore non smette mai, tipo flusso di coscienza. Il romanzo è scritto in prima persona ed ha uno stile europeo, nonostante a fine libro ci sia un glossario per alcuni termini giapponesi.
Un viaggio nella vita di Amrita che ha percezioni di spiriti che potremmo quasi definire extrasensoriali e che sono in realtà tipiche della cultura giapponese. La spiritualità è intrinseca a queste pagine dove la protagonista si trova a fare i conti con la morte del padre, quella della sorella e una crisi che porterà suo fratello minore ad essere una specie di sensitivo che comunica attraverso i sogni. Amrita recupererà tutti i suoi ricordi, ma non per questo soffrirà meno delle varie separazioni che inevitabilmente toccano la vita di ognuno di noi. Le scene si svolgono in una casa dove le donne sono in maggioranza: ci sono sua madre, un'amica della stessa, sua cugina e suo fratello minore. E tra un'esperienza e l'altra, Amrita si scoprirà innamorata del cognato che, subito dopo la perdita della moglie partirà per un viaggio quasi perpetuo. Insieme andranno nell'isola di Samoa dove gli spiriti sembrano prendere corpo ad ogni angolo e dove una donna li calma attraverso il canto.
Ma quello che emerge è quel dolore che si prova di fronte a qualcosa che finisce, sia essa una storia d'amore o una vita. La separazione è qualcosa che genera una frattura nella nostra vita, sempre e non è così facile da superare. Ecco che in questo scenario gli odori e i colori diventano veicoli di ricordi che riaffiorano, silenziosi modi di comunicare delle menti. Non ci abituiamo mai alle separazioni. Come non ci abituiamo mai davvero al cambiamento. Vorremmo che tutto rimanesse qual'è, senza variazioni, ma sappiamo benissimo che non è possibile.
Rimangono indossolubili gli affetti, dei legami che non possono essere spezzati da niente, così come il rapporto tra Amrita e il fratello fa capire.
Le pagine scorrono veloci e piacevoli, come la vita così come ci viene narrata da Yoshimoto, come se fosse un inarrestabile flusso. La protagonista alla fine dice che in questo scorrere vitale, tutto rimane uguale, ma in realtà non è proprio così. Nella vicenda di Amrita quello che rimane uguale è proprio lei stessa, quindi ciò che è costante, oltre al cambiamento, è proprio la nostra centratura, ovvero il nostro centro spirituale. Che si nutre delle nostre relazioni interpersonali, in particolare dei nostri affetti, punti cardinali fondamentali del nostro essere, senza i quali, ci perderemmo irrimediabilmente. Solo attraverso gli affetti riusciamo a sopportare i distacchi a cui la vita ci sottopone e che in questo libro vengono descritti come vere e proprie lacerazioni. Ogni personaggio ha uno spessore psicologico profondo, che attira e fidelizza il lettore in un certo senso.
E' la religione delle piccole cose che riesce a farci sopportare la vita al meglio, anche le grandi tragedie che a volte ci colpiscono.

Bianca Folino

giovedì 27 giugno 2013

Lo sguardo vitreo


In quello sguardo vitreo
sta tutta l'indifferenza
un mantello scuro
che ti calza a pennello
I tuoi occhi anaffettivi
che cercano un appiglio
senza mai trovarlo
Forse non soffri davvero
ma il corpo cade
e sbilenco se ne va
in totale disarmonia
Non esiste moneta
che possa comprare sogni
nè aridità di pietra
che possa mutare
sentimenti che non hai

mercoledì 26 giugno 2013

Questo cielo


Ma dove finirà
questo cielo azzurro?
Così ampio e libero
di colori in contrasto
che nutrono l'anima
Voglio contemplarlo
e respirarlo bene
seguire attentamente
le sue tonalità
sempre mutevoli
come fossero nuvole
in un perenne viaggio
dove tutto ritorna
e ogni cosa si ritrova

sabato 22 giugno 2013

Cose che non sai


Ci sono cose
che non sai
attimi indelebili
di dolore sordo
e pianti lenti
d'amore ampio
quanto un respiro
Mi hanno mutato
fiorendo l'anima
che ora cammina
tra ghirlande
di nuovi colori
E proprio mai
potrebbe tornare
alla sua partenza

giovedì 20 giugno 2013

Scenari


Sono punti fissi
e immagini certe
quando nasciamo
Scorrono veloci
e si fanno flebili
fino a scomparire
E negli scenari
che cambiano
scopriamo attoniti
il nostro abisso

L'onda


Non pensare più
allontana lo sguardo
da ogni ricordo
Non cadere ancora
nella solita trappola
e procedi veloce
Verso l'orizzonte
in cerca del mare
perchè l'onda
ce l'hai negli occhi

martedì 18 giugno 2013

Frustrazione d'amore


Era una morsa
sempre ben stretta
e un vago desiderio
che sciupava il viso
perchè continuo
Non vedeva
nè sentiva
quell'anelito urlante
tra le rose sfiorite
Rimaneva semplice
vibrazione silenziosa
come fosse una lacrima
in caduta piana
attenta ad occhi
che avrebbero potuto
essere indiscreti
Ma che erano solo
e per sempre chiusi


sabato 15 giugno 2013

Occhi viaggiatori


Cerco l'onda del mare
per aggrapparmi alla voce
come fossi un rampicante
morbido glicine viola
che sembra lacrimare
Vedo invece solo asfalto
che pare duro al tatto
ma nell'ondivago calore
scioglie i pori del pensiero
in un moto perpetuo
Gli occhi sono viaggiatori
spostano spazi e tempi
e vanno esattamente là
dove vogliono stare

venerdì 14 giugno 2013

Come un mantra


Quel fremito
che attraversa
va fermato
con le mani
e non solo
prima che
diventi rabbia
e divori lento
ogni pensiero
Sblocca lo sterno
e respira
le immagini
che arrivano
dal tuo cuore
Continua ancora
e allarga
il diaframma
Diventa nuvola
trasportata dal vento
come un mantra

martedì 11 giugno 2013

Lacrime color pastello


E dagli occhi scendono
lacrime color pastello
come se l'anima
sconosciuta ai più
volesse sciogliersi
per non sentire
l'incomprensione
Lasciar andare i sogni
che hanno tinte forti
e così immergersi
nel flusso dei giorni
essere senza chiedere
per poter alfine volare

La morte non è altro che una trasformazione

Mathias Malzieu – L'uomo delle nuvole – 131 pagine. Edizioni Feltrinelli


Questo è il secondo romanzo pubblicato in Italia, ma il primo in ordine di scrittura del giovane narratore francese Mathias Malzieu, classe 1974. Questa volta ci propone la trasformazione, intesa come ultimo ed estremo atto della nostra vita. Una parodia sul legame inevitabile tra morte e vita che sempre ci spaventa.
La prima è appunto intesa come trasformazione estrema. Con l'usuale linguaggio ricco di lirismi, al quale ci ha abituato con “La meccanica del cuore”, questa volta Malzieu indaga sulle nostre paure, Claudman, ovvero l'uomo delle nuvole, nonchè protagonista di questa storia, un saltimbanco a volte ridicolo per la sua goffaggine, si trova alle prese con un tumore. Con lui viviamo, pagina dopo pagina, l'indebolimento e la caducità del corpo umano reso fragile dalla malattia, vissuta come una minaccia e un limite. Il tumore, chiamato in molti modi in questo romanzo e spesso paragonato ad un elemento della natura, come un cavolfiore, è ciò che limita il protagonista nella realizzazione dei propri sogni. In particolare ciò che Cloudman ha sempre cercato è volare e anche durante le proprie esibizioni provava ad imitare la leggerezza dei volatili. Non è importante il suo continuo fallimento, lo stesso che lo porterà in ospedale, dopo essere rovinosamente caduto durante un'esibizione e dove gli diagnosticheranno un tumore incurabile. Ciò che conta è la perseveranza, il protagonista, nonostante la malattia e i continui dolori, calmati solo da inizioni di morfina, continuerà a tentare, rubando le piume dei cuscini dell'ospedale per costruirsi due ali. Incontrerà un bambino che gli sarà compagno in questi sogni e in avventure immaginate e immaginarie. Fino all'incontro di un'affascinante creatura: metà donna e metà uccello, molto seducente, in realtà la dottoressa che lo ha in cura. Gli proporrà un patto, e se Tom Cloudman si abbandonerà ad un'estrema trasformazione in riva al cielo, potrà vivere, anche se le sue forme cambieranno, quanto la sua coscienza. Diventerà un uccello, questa sarà la scelta e non si trasformerà per vivere, per evitare la morte, ma in realtà sarà mosso dall'amore per quella donna, alla quale donerà un figlio, prima di trasformarsi definitivamente. Il linguaggio è lirico, le immagini si susseguono veloci quasi fossero pennellate di un dipinto. Ma tutta la storia si colora di oniricità, con esseri strani e fiabeschi e ambienti suggestivi e musicali.
Quello a cui il giovane scrittore francese, leader del gruppo musicale rock Dionysos, ci fa assistere è proprio una metafora che fa sembrare la morte meno spaventosa di come solitamente la percepiamo. Come se Malzieu suggerisse al lettore che non c'è nulla da avere paura, la morte è solo una trasformazione dell'uomo nei propri sogni. Ma soprattutto, quello che lo scrittore sembra voler suggerire al lettore è che l'amore è forza creativa che permette alla vita di nascere e trasformarsi. E' pura energia che ci consente di superare i nostri limiti.

Bianca Folino

sabato 8 giugno 2013

Non esiste età per raccontare storie

Jorge Luis Borges – Il manoscritto di Brodie – 94 pagine. Adelphi edizioni


Questa raccolta di racconti è il frutto della vecchiaia di Borges, poeta e scrittore argentino che all'età di 70 si è rimesso alla scrivania per narrare. E il risultato è davvero strabiliante in questa serie di storie, a volte crude, che vogliono descrivere l'animo umano nel profondo. Gli ambienti sono quelli della periferia di Buenos Aires, con i suoi malavitosi, istintivi e violenti, ma soprattutto forti e che molto ricordano i personaggi di Evaristo Carriego. Qui si parla di delitti efferati, di carne e sangue con quello stile tipico di Borges che ha sempre un accento nobile nel tracciare le vicende di questi malavitosi. Di uomini duri, che parlano poco, ma che davanti ad un interlocutore e magari un bicchiere di vino o altro, iniziano a parlare e raccontano la loro versione della storia. Come fosse eroi incompresi a cui lo scrittore dà voce.
All'inizio di ogni racconto c'è una specie di segreto, o meglio qualcosa da svelare su una storia di cui si è già parlato, su un omicidio di cui non si conoscono i dettagli o su un particolare che potrebbe far nuova luce su qualche evento. Paradossale è “Il vangelo secondo Marco” dove il protagonista cerca di elevare dei contadini leggendo loro dei libri, tra i quali il Vangelo appunto. Verrà preso alla lettera, tanto che lo crocifigeranno, considerandolo alla pari di Gesù, un Dio a cui si deve gratitidine, anche se in un modo che potremmo definire ortodosso. I toni a volte si fanno grotteschi, come in questo caso, altre volte sembra di assitere ad un film di Tarantino dove il sangue sgorga e zampilla per tutta la pellicola.
Il racconto che dà il titolo al libro, è invece un manoscritto fedelmente tradotto che parla di età coloniale e lo fa attraverso gli occhi di un missionario che ha vissuto presso alcune popolazioni africane prima e brasiliane poi. In particolare si parla degli Yahoos, nome scelto per non confondere i lettori, che combattono contro gli uomini-scimmia in una regione del centro Africa.
E di nuovo Borges è capace di soprendere perchè questa raccolta sembra aprire una nuova visione rispetto alla sua carriera di scrittore, come se a 70 anni fosse arrivato ad una svolta che in realtà è solo apparente, in quanto lo scrittore argentino rimane il consueto affabulatore che affascina il lettore nelle sue storie, tanto da farle sembrare reali, pezzi di cronaca in un magistrale stile giornalistico.
La sua immaginazione, nel descrivere queste storie che a volte sembrano nascere da una fantasia a tutto tondo, arriva alla fine al nucleo centrale della sua indagine che sempre ha intriso i suoi scritti, sia quelli poetici che quelli in prosa. E' un nucleo drammaticamente umano, che potrebbe essere visto come l'unica storia narrabile, quella di un'eterna risposa senza domanda: chi siamo e cosa non siamo.

Bianca Folino

Lo scrigno

E' la terra
che abitiamo
e calpestiamo
lo scrigno
di ogni segreto
Il suo movimento
è respiro d'universo
mentre bacia
la volta di cielo
amante rapito
Preciso è l'asse
dove l'equilibrio
ruota e alterna
il cadere di luce
E sentirla in noi
è come rinascere
ad un'alba nuova