venerdì 2 gennaio 2009

Il mio futuro "rubato"

Forse è proprio vero che precari si nasce. E quando inizi a lavorare senza un contratto continui a farlo, sembra quasi, in eterno. Alla fine non ci pensi più, alla maternità, alla malattia, alla tredicesima. Anzi quando ti trovi di fronte ad un rimborso fiscale (e capita spesso quando si è precari), ti sembra di aver preso la tua tredicesima, non sono tasse pagate in più, sembra quasi un premio.
Non ho potuto diventare scrittrice che era quello a cui tenevo di più. Scrivo praticamente da sempre, da quando ho l'uso della parola. Vedo e immagino storie in continuazione. Non sono certo Moravia o Pinter, ma la mia scrittura ha una certa dignità d'essere che non ha mai potuto trovare uno sfogo perchè senza pubblico, proprio non si può. La creazione letteraria è fatta da chi scrive e da chi legge, in un gioco di ruoli che si interscambiano. Diversi i romanzi che ho finito, ma diversi anche quelli lasciati lì, con la promessa di finirli un giorno, "quando avrò tempo".
Sembra assurdo ma ho iniziato a scrivere poesie perchè mi mancava il tempo appunto. Lo studio prima e il lavoro (precario) poi, non potevano giustificare i tempi lenti di una storia. La poesia era veloce e riuscivo ad ottenere lo stesso effetto, quello di comunicare il mio sentire, ma anche un messaggio in bottiglia (un po' come questi), un diverso modo di dipingere e ricreare la realtà.
Anche nel giornalismo, suppur diverso, ho dato. Certo, non sono mai stata Montanelli, ma ho tracciato e raccontato una parte di territorio, quello brianzolo. Con una certa dignità d'essere.
Si vede che tutto questo non bastava.
E quindi da giovane precaria quale sono, a 45 anni, ho di fronte a me un bivio. Devo scegliere, se crogiolarmi nelle cose che non sono andate bene o rimboccarmi le maniche e reinventarmi, partendo da me, da quello che so fare. Scelgo la seconda opzione.

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