venerdì 23 gennaio 2009

Un Maestro cavo e vuoto

Un maestro dovrebbe essere davvero "cavo e vuoto", come recita la storiella Zen.
Ma così, non capita mai. Quasi sempre si incontrano insegnanti, attenti a che l'allievo non li superi. Anzichè provare la soddisfazione di aver fatto un ottimo lavoro, restringono la mente in ciò che sanno di sapere e cercano di trasmettere. Come genitori inconsapevoli che crescono i figli senza nessun progetto. Raccolgono ciò che seminano lamentandosi di quanto sia strano e cattivo il mondo. Ma alla fine il mondo siamo noi.
C'è una bella differenza tra insegnanti e Maestri.
Un Maestro è un punto di riferiemento per la stessa vita. Non insegna semplicemente quello che sa, accompagna l'allievo nel percorso fino a quando non raggiunge la sua indipendenza. Non è geloso di ciò che conosce e condivide davvero.
Anche sulla condivisione ci vorrebbe un trattato. Tanti dicono di voler condividere, ma condividere non è esattamente dire agli altri, mostrare loro, quello che si sa, le proprie abilità. "Guarda come sono bravo, ti insegno a diventare come me", non è proprio così. Condividere vuole dire dividere con, ovvero io dò informazioni e sapere agli altri che lo arricchiscono molto spesso con il loro contributo. Perchè il Maestro, quello vero, senza nessun manuale, è capace di riconoscere le differenze individuali che ci fanno così preziosi.
Il nostro vivere quotidiano, la società che siamo stati capaci di creare (incapaci sarebbe la parola più appropriata) non lascia spazio alla condivisione, nè ai Maestri che possono apparire deboli. In realtà sono "cavi e vuoti" e quindi tu li senti, anche se non li vedi. Ora sono qui e ora lì. Sfuggono ad ogni definizione, ma sono sempre presenti.
In un certo senso vuol dire assumere anche il punto di vista dell'altro, mischiarsi, contaminarsi con il mondo per non chiudersi nelle false certezze del non sapere. Un Maestro sa perfattamente di non sapere e per questo ha bisogno degli allievi. Però non li teme, perchè se sono al suo cospetto è perchè hanno bisogno di lui, almeno per un po'. Come un buon padre è capace di lasciar andare, di stimolare e far crescere e poi lasciar andare, consapevole che rimarrà per sempre nelle loro vite. Ma non sarà le loro vite, e non avrà la presunzione di vivere per loro. E quando l'allievo lo supererà, sempre che ci riesca, sarà il vero successo del suo fare. Perchè la via del fare è l'essere.

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