mercoledì 17 dicembre 2008

I famigliari del precario

Chi non ha mai avuto un contratto che possa chiamarsi tale, se non per via del pezzo di carta che contiene la precarietà, lo sa bene. I familiari non capiscono perchè ti ostini a rimanere in questa condizione, perchè "non cresci", perchè ti fai sottopagare, perchè ti comporti da zerbino.
Come se ci fosse davvero un'alternativa!
In realtà avrebbero bisogno di un sostegno psicologico. Il precario dopo un po' si abitua, entra nel giro e sa come funzionano le cose. Senza nessuna certezza, nè prospettiva, ma impara a mantenersi in equilibrio su un filo. Il vero problema sono loro, genitori, mariti e mogli, zii e suoceri. A loro sembra impossibile, dopo una laurea, dopo che hai studiato, ti sei sottoposto a tutti gli esami del mondo e alle prove della vita, hai lavorato gratis per un po', e poi come Co-co-co. "Cos'è andesso sta' storia del progetto?".
Un contratto giornalistico a progetto narra di tutto lo scibile umano al quale il lavoratore si deve dedicare. Alcune volte le diciture sono volutamente lasciate generali, così da non specificare nulla. Non hai orario, questo non vuol dire che fai quello che vuoi, ma solo che la tua giornata si allunga, compresa la settimana. Sette giorni su sette a orario variabile, dalle 12 alle 14 ore. Io ho provato a lavorare anche 16 ore di fila. Devi contribuire all'arricchimento dell'azienda, con articoli, recensioni, titoli, impaginazione, gestione delle informazioni e notizie, delle persone. Il tutto per 0,25 a battuta se va bene o per un fisso che non raggiunge lo stipendio di un operaio. Quando te la cavi raggiungi mille euro, quando sei un grande anche 1.200. E già, questi free-lance!!!
E alle spalle continui a sentire la voce dei parenti che ti incitano a cambiare lavoro...come se fosse facile! A trent'anni sei già fuori dal mercato.
Gli uffici stampa sono spesso in mano agli amici degli amici degli amici.
Non è affatto comico, tutt'altro. In un attimo passa tutto, anche gli anni e ti risvegli 40enne, con un bel contratto a progetto. E di free-lance ti rimane solo il nome, gli stipendi decenti, quelli rimangono all'estero. Però ci fai l'abitudine.
Se non fosse per mamma e papà che vorrebbero vederti sistemato....

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