giovedì 18 febbraio 2010

Gli occhi degli stranieri

Gli straneri ci guardano. E noi che pensiamo di essere sempre superiori non ce ne accorgiamo nemmeno. Non capiamo i loro occhi severi nel guardarci e crediamo che solo perchè non portano vestiti griffati sono dei poveracci. E' quasi un nostro diritto trattarli con sufficienza, dar loro del tu, quando loro rigorosamente, mentre parlano la nostra lingua, si rivolgono a noi dandoci del lei. Quando vado a Milano in treno incontro una ragazza brasiliana. Si chiama Jana e siamo diventate amiche. Parliamo un bel po', lei mi ha raccontato del suo Paese, delle differenze. Ha degli zii italiani. Ed è convinta che gli italiani abbiano tutte le risorse per essere grandi, come dimostrano ogni volta che vanno a vivere all'estero, ma che sono fermi da oltre dieci anni. Lei non capisce perchè non riusciamo a fare qualcosa, abbiamo creatività, inventiva e siamo dei gran lavoratori a suo dire. "Mi dispiace, io questo lo considero il mio secondo Paese". E me lo dice con un velo di tristezza negli occhi raccontando che alcuni conoscenti italiani in Brasile hanno letteralmente sbancato, sono arrivati poveri in canna e ora dirigono attività enormi.
Già, in Brasile, penso io, ma non qui dove ogni cosa e progetto si arrestano in un pantano. Un giorno in metrò ho sentito da un peruviano che gli italiani parlano un solo idioma e nonostante questo credono di essere padroni del mondo.
E qualche giorno fa, su quello stesso treno, ho incontrato due senegalesi. Hanno lavorato ovunque in Europa e qui....parlano diverse lingue, spagnolo, tedesco, francese (come lingua madre) e inglese. Oltre all'italiano naturalmente e Pap mi ha chiesto quante lingue sapevo io. Quante lingue so io? Quante lingue impariamo stando qui?
Dicono che in Italia è più facile arrivare senza permesso rispetto al resto dell'Europa. Bene penso io, a dispetto di tutto il razzismo che c'è e di normative che non tengono conto della "via degli schiavi" e di come queste entrate illegale siano foraggiate profumatamente da chi ha l'interesse a mantenerle in auge. C'è un certo rischio, ma in altri Paesi europei non è possibile se non hai il permesso. "L'Italia è un paese diverso da quello che era 15 anni fa" mi dice Pap aggiungendo che se non hai un lavoro qui vieni trattato peggio di uno schiavo, di un animale. Bene dico io, bell'immagine davvero che hanno di noi gli stranieri.
E intanto Jana mi racconta di aver lavorato in un giornale regionale in Brasile, mi parla della tecnologia che utilizzavano e che noi qui ancora ci sogniamo. Io ci ho lavorato per 15 anni dentro i giornali lombardi e parlando di tecnologia, forse ne faccio un uso maggiore ora che lavoro con le mie mani che allora. Ridicolo e ridicoli noi che crediamo sempre di essere superiori al resto del mondo, al Sudamerica e all'Africa. Quando in realtà il vero Terzo Mondo, soprattutto culturalmente parlando, siamo proprio noi.

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